Le Autorità amministrative indipendenti
a cura del Dott. Maurizio
Aloise
Con l’istituzione in Italia, nel 1974, della prima di quelle figure che
sarebbero poi state definite autorità indipendenti (di “seconda generazione”), cioè
la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), si è posto
all'interprete il problema di individuare la natura, le funzioni, il ruolo ed i
poteri di tali autorità in un contesto caratterizzato da finalità di protezione
di categorie di interessi, generalmente collettivi o diffusi,
costituzionalmente garantiti, sottoposti alle insidie dei cc.dd. poteri forti[1]. Ma a ben vedere, prima
ancora della nascita della CONSOB analoghe funzioni venivano riconosciute alla
Banca d'Italia[2] anche se
questo organo, sebbene abbia sempre goduto di autonomia ed indipendenza[3],
dal punto di vista delle funzioni non può considerarsi il paradigma tipico
delle autorità indipendenti[4].
Diverse
tesi sono state elaborate dalla dottrina sulla natura giuridica delle autorità
indipendenti, giacché, considerate le funzioni che la legge attribuisce alle
medesime, si pone il problema del coordinamento di questa nuova forma di
“amministrazione” con quelle tradizionali, onde individuare non solo l’ambito
ed i limiti della sua autonomia nei confronti del Governo, ma anche le relative
problematiche di costituzionalità[5].
L'espressione
<<Autorità amministrativa>> viene usata, infatti, nel nostro
ordinamento al fine di indicare da una parte "il complesso degli enti,
funzionari e collegi ai quali è commesso l'esercizio in principal modo della
funzione stessa dell'amministrazione (amministrazione pubblica in senso
soggettivo)"[6]; dall'altra,
al fine di indicare la funzione stessa dell'amministrazione (o amministrazione
in senso oggettivo). Il termine "autorità amministrative
indipendenti", invece, viene oggi usato per indicare unitariamente una
serie di nuovi soggetti la cui natura amministrativa, pur riconoscendosi la
peculiare posizione dei medesimi, si rinviene nell'attribuzione di funzioni
amministrative, accanto a funzioni di diversa natura (regolativa, autoritativa,
paragiurisdizionale), dirette alla realizzazione di interessi pubblici[7]
con un tasso di imparzialità molto elevato[8].
Nel perseguimento i tali interessi, qualificabili come pubblici anche se
specifici rispetto a ciascun settore, le autorità indipendenti, operano come
qualsiasi organismo amministrativo esercitando poteri di discrezionalità
amministrativa o tecnica[9].
Ne deriva che, trattandosi di poteri idonei ad incidere, per effetto di una
valutazione discrezionale, nelle situazioni giuridiche soggettive dei privati o
nelle attribuzioni di altri poteri pubblici[10],
essi saranno soggetti pur sempre ai principi sull'organizzazione e sull'azione
amministrativa stabiliti dalla legge (cosicché, ad esempio, la stessa
discrezionalità dovrà esercitarsi sulla base di parametri legislativi
determinati)[11]. A riguardo
occorre, tuttavia, distinguere le autorità di nomina governativa da quelle di
nomina parlamentare poiché mentre le prime rientrano nell'ambito del rapporto
tra Governo e pubblica amministrazione e sono sottoposte alle regole generali
che lo disciplinano, con la conseguenza che la loro attività dovrà ritenersi
soggetta a controllo da parte dell'Esecutivo; per le seconde il problema si riduce a valutare se le loro competenze
siano di ampiezza tale da mettere in discussione la titolarità dell'indirizzo
politico e della responsabilità governativa[12].
A
ben vedere, tuttavia, in un caso e nell'altro per quel che riguarda le funzioni
di natura amministrativa, le
peculiarità delle competenze attribuite alle autorità indipendenti, si
sostanziano nell'accentuazione degli aspetti dell'imparzialità di cui
all'art.97 Cost., a testimonianza che, comunque, dette autorità dovranno
rimanere nell'ambito dei principi costituzionali che regolano l'agire dei
pubblici poteri[13]. La copiosa
dottrina che, fino ad ora, si è occupata delle autorità indipendenti si è posta
l’interrogativo circa le ragioni che hanno spinto ad attribuire funzioni che
possono essere definite “amministrative” a figure estranee al “potere
esecutivo”[14], poiché, in
base al disegno costituzionale, l’amministrazione tradizionale, ancorché
inquadrata nell’esecutivo, dovrebbe essere organizzata secondo forme
sufficienti ad assicurare quel grado di imparzialità che, in via di principio,
dovrebbe consentire di affidarle compiti considerati lato sensu amministrativi
e che, invece, sono stati dislocati presso organismi nuovi, quali appunto le
autorità indipendenti[15].
Secondo
la dottrina[16] che si è
occupata in modo specifico dell’autorità di regolazione dei servizi di pubblica
utilità in materia di energia, detta autorità avrebbe in primo luogo una
responsabilità di amministrazione settoriale cui si aggiungerebbe la funzione
di garanzia degli interessi degli utenti, nell'esercizio della quale l'autorità
non farebbe altro che esercitare poteri amministrativi sia pure con minore
discrezionalità[17]. L’autorità
per l’energia sarebbe, tuttavia, subordinata agli indirizzi governativi di
politica generale del settore (art.1 comma 1, art.2 commi 14 e 2) quando
eserciti funzioni di amministrazione
settoriale, ma è dotata, invece, di indipendenza di giudizio e di valutazione
(art.2 comma 5) quando eserciti funzioni di garanzia degli utenti (art.1
comma1). Ne deriva che tutta la differenza fra autorità amministrative
indipendenti e amministrazione tradizionale risiede nella nozione di neutralità
che è connotato incompatibile con l’idea di amministrazione in senso
tradizionale, perché questa, per sua natura, è impegnata istituzionalmente alla
realizzazione degli interessi pubblici affidati alla sua realizzazione, quindi
è parte interessata rispetto ad essi[18].
Tuttavia,
sulla qualificazione della natura delle autorità amministrative indipendenti le
idee non sono ancora del tutto chiare, anche perché al concetto di Autorità
indipendente si sono ricondotte figure diverse e disomogenee sotto il profilo
strutturale - quali i difensori civici regionali, l'Istituto per la vigilanza
delle assicurazioni private-Isvap, la Commissione nazionale per le società e la
borsa-Consob, il Garante per la radiodiffusione e l'editoria, l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato, la Commissione di garanzia per
l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi
pubblici essenziali, la Commissione di vigilanza sui fondi di pensione e ora le
authorities di regolazione dei servizi di pubblica utilità - che certamente non
hanno consentito l'individuazione di una categoria precisa nè sul piano
strutturale, nè su quello delle funzioni. Questo tipo di autorità dovrebbe
caratterizzarsi per la funzione di limitazione dei fattori di natura politica,
burocratica ed economica che possono venire a incidere su interessi collettivi
particolarmente sensibili, con la conseguenza che gli vengono riconosciute
funzioni regolamentari che si estrinsecano in potestà di autonomia normativa.
A
ciò va aggiunto che l'attribuzione alle autorità di poteri di scelta non
legislativamente predeterminati determina l'esercizio di poteri decisionali
liberi in quanto vincolati solo all'indicazione dei principi fondamentali e dei
valori costituzionali da tutelare, il che costituisce una deroga la sistema
costituzionale data l'idoneità di tali poteri di incidere sulla competenza di
altri soggetti pubblici o anche sulla limitazione dei diritti di libertà
individuali. Tuttavia, se pure vi siano sintomi della tendenza ad ampliare i
suddetti poteri ponendo l'autorità nella posizione di organo di governo
dell'intero settore cui è preposta, non potrà mai giungersi alla conclusione di
considerarla come potere dello Stato[19].
Sul
piano organizzativo si rileva che i profili di costituzionalità sono
essenzialmente diversi a seconda che si tratti di autorità che si riconducono a
forme di marcata autonomia amministrativa, ancorchè svincolata dall'azione
governativa, oppure di autorità che si riconducono ad un nuovo potere del tutto
particolare[20]. Non
esiste, infatti, quanto alle norme applicabili, un regime giuridico unitario
delle autorità indipendenti poiché ciascuna di essa è stata disciplinata
dall'apposita normativa di settore (ed inoltre al di fuori di un disegno di
politica legislativa) intervenuta in risposta ai problemi sorti nei diversi
ambiti. In altri termini, sull'ambivalenza della prassi legislativa ha influito
notevolmente l'idea, universalmente riconosciuta, di dare all'autorità un ruolo
funzionale e peculiare rispetto al settore al quale era preordinata anche a
discapito delle esigenze di omogeneità. Ma il primo problema di
costituzionalità riguarda l'indeterminatezza o l'ambivalenza del disegno
legislativo che legittima esiti diversi e opposti e in particolare aspettative
di assoluta indipendenza confliggenti con la Costituzione[21].
Per
quanto riguarda la categoria delle autorità di nomina governativa, la funzione
di controllo, la funzione consultiva, le funzioni di natura tecnica attribuite
alle autorità si presentano in posizione distaccata rispetto al complesso delle
attività amministrative cosicché per ragioni di garanzia e di efficienza alle
autorità medesime viene riconosciuta una certa indipendenza funzionale ed
oggettiva[22]. Ma nel
mare magnum dei pubblici poteri a dette autorità verrebbero attribuite le
stesse mansioni di quelle di cui sono investite le autorità di nomina
parlamentare. Per le prime, come per queste ultime, infatti, inserite
nell'ambito del rapporto fiduciario con il Parlamento, viene proposto, ai fini
dell'individuazione, il ricorso alle formule di vigilanza o di garanzia o della
speciale competenza tecnica.
A
questo punto occorre considerare che non può ritenersi criterio valido per
l'esatta collocazione delle autorità amministrative indipendenti,
l'individuazione della funzione, giacché non v'è omogeneità delle funzioni
amministrative che la legge affida a tali autorità. Anzi, deve rilevarsi che
solo in senso generico può parlarsi di una funzione amministrativa, nel senso
che talora a dette autorità sono affidate funzioni autoritative non
qualificabili come funzioni amministrative in senso proprio[23].
Del
resto, come si è visto la legge n.481/1995 non si limita ad attribuire alle
autorità amministrative indipendenti funzioni esclusivamente conoscitive o
regolative[24] ma affida
proprio all'Autorità per l'energia elettrica e per il gas il compito di
decidere sulle controversie in materia di esercizio dell'energia elettrica
(potere che è stato poi rafforzato col decreto legislativo n.79/99).
Il
criterio fondamentale, dunque, diventa quello dell'effettiva indipendenza
dell'azione di tali soggetti: obiettivo, questo, che può essere realizzato solo
attraverso il riconoscimento di specifiche caratteristiche organizzative e
funzionali, idonee a permettere alle autorità in questione di agire in una
posizione di terzietà e di neutralità rispetto a tutti quegli interessi esterni
che potenzialmente ne condizionano le scelte, in una prospettiva di garanzia
del regolare funzionamento e dello sviluppo equilibrato dei settori ai quali
sono preposte[25].
In
una simile prospettiva, le scelte organizzative che occorre operare per
garantire l'indipendenza di determinate autorità appaiono obbligate. Così, ai
fini dell'effettivo riconoscimento di tale garanzia diviene necessario che la
legge attribuisca a questo tipo di autorità autonomia organizzatoria, di
personale, finanziaria, contabile e di bilancio e preveda talune garanzie per i
titolari degli uffici. Solo in questo modo si può garantire la possibilità
concreta di agire senza subire influenze interne o esterne, ispirandosi
esclusivamente alle norme di legge.
In
un sistema, quale è quello italiano, caratterizzato dalla pluralità dei
soggetti in ambito economico-sociale e in quello politico-istituzionale (ora
accentuatesi soprattutto a seguito dei recenti mutamenti del sistema elettorale
in senso maggioritario) l'introduzione delle Autorità indipendenti rimane una
esigenza insopprimibile in quanto, come è stato osservato recentemente in
dottrina[26].
Ma
in definitiva, nella prospettiva delineata dal legislatore, l'indipendenza
delle autorità va riguardata non come separazione dall'ordinamento generale,
nel qual caso tali organismi si collocherebbero al di fuori del quadro
costituzionale, bensì come esaltazione del carattere dell'imparzialità ovvero
di uno dei valori giuridici fondamentali dell'attività amministrativa (art.97, comma 1, Cost.) che prende la forma
di un organismo dello Stato sia pure dotato di un alto grado di indipendenza
nei confronti del potere esecutivo. Il che vuol dire, in altri termini, un
ufficio pubblico collocato al di fuori dei dicasteri ma non per questo avulso
dall'indirizzo politico espresso dagli organi competenti nelle forme previste
dalla Costituzione (artt.94 e 95 Cost.).
L'Autorità
per l'energia elettrica ed il gas.
Nel
quadro degli obiettivi di politica energetica, formulati tanto in sede
comunitaria quanto in sede governativa, un ruolo primario nella trasformazione
degli assetti di mercato dei settori di pubblica utilità dell'energia elettrica
e del gas è stato attribuito all'Autorità per l'energia elettrica e il gas,
alla quale è affidato il compito di promuovere la concorrenza e l'efficienza
del mercato in armonia con i suddetti obiettivi generali della tutela dei
consumatori e dell'ambiente nonchè dell'uso efficiente delle risorse[27].
Nella
sua azione l'Autorità opera in posizione di indipendenza ed autonomia nel
quadro degli obiettivi di politica generale relativi alle condizioni di
mercato, all'evoluzione delle normative comunitarie e delle dinamiche
tecnologiche e produttive. Ma, come si vedrà, all'Autorità è stato affidato
anche un compito di tutto riguardo relativo ad attività di controllo e di
amministrazione del settore energetico, con ampi poteri di regolamentazione
incidenti sugli operatori del settore[28].
Ma
prima di analizzare tali poteri è opportuno soffermarsi sui presupposti che
hanno portato alla creazione dell'Autorità nonchè, brevemente, sulla natura
giuridica della stessa. Riguardo alla natura giuridica ed all'inquadramento
nell'ordinamento istituzionale della pubblica amministrazione, va rilevato che
l'istituzione di un "ente" cui affidare il controllo e la regolazione
pratica del settore energetico, come si è visto nel capitolo precedente,
ripropone tutti i dubbi interpretativi avanzati dalla dottrina in merito alle
Autorità amministrative indipendenti alla cui categoria anche l'Autorità per
l'energia elettrica e per il gas appartiene[29].
Che si tratti di un autorità amministrativa indipendente non v'è dubbio dato
che come tale è stata istituita con la legge 14 novembre 1995, n.481 che gli ha
affidato funzioni di regolazione e di controllo dei servizi pubblici nei settori
dell'energia elettrica e del gas[30].
É, dunque, un'amministrazione pubblica che prende le proprie decisioni in base
alla legge istitutiva e ai propri procedimenti e regolamenti con elevato grado
di autonomia nei propri giudizi e valutazioni rispetto all'esecutivo[31].
I poteri di regolazione settoriale fanno riferimento, come si vedrà nei
paragrafi seguenti, alla determinazione delle tariffe, dei livelli di qualità
del servizio e delle condizioni tecnico-economiche di accesso e
interconnessione alle reti, in tutti i casi in cui il mercato non sarebbe in
grado di garantire l'interesse di utenti e consumatori a causa di vincoli
tecnici, legali o altre restrizioni che limitano il normale funzionamento dei
meccanismi concorrenziali[32].
L'esigenza
di istituire un'Autorità nel settore energetico, nasce dalla necessità,
avvertita tra il finire degli anni ottanta e l’inizio del decennio seguente, di
riformare l’assetto normativo dei servizi di pubblica utilità cercando di
coniugare l’efficienza dei servizi pubblici con il rafforzamento della qualità
del servizio reso agli utenti, nel rispetto dei tassi programmati d’inflazione.
L’avvio
del processo di risanamento del bilancio pubblico e la politica di
privatizzazione avviata in diversi settori dell'economia pubblica, hanno
comportato l'esigenza di rinnovare profondamente il quadro di regolazione dei
servizi pubblici. Lo stretto collegamento tra privatizzazioni e creazione di
autorità indipendenti di settore viene, come è noto, formalizzato dal dato
positivo, che condiziona sovente le privatizzazioni stesse alla preventiva
istituzione delle autorità[33].
Ciò in quanto, si è voluto soddisfare l'esigenza di regolazione dei settori
sensibili alla vita sociale ed economica del Paese attraverso l'individuazione
e la disciplina di funzione di regolazione di tali settori affidati a soggetti
pubblici operanti con adeguati strumenti volti a introdurre forme di
regolazione delle tariffe e della qualità dei “servizi di interesse pubblico a
tutela degli interessi e dei diritti degli utenti”.
Nel
1993 le commissioni parlamentari definivano un testo normativo, proponendo la
creazione di un’unica Agenzia, suddivisa in vari settori di intervento, con
competenza sui servizi di ambito nazionale erogati su reti fisse[34].
All’Agenzia venivano conferiti ampi poteri in materia di rilascio di
concessioni e funzioni di consulenza nei confronti delle amministrazioni
locali. Si stabiliva il criterio del price cap per le tariffe, che avrebbe
dovuto basarsi sui costi dei “fattori produttivi”[35].
Il disegno
di legge modificava la legge istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza
e del mercato: l’esclusione delle imprese di pubblica utilità dalla disciplina
delle norme per la tutela della concorrenza sarebbe stata circoscritta alle
sole “materie espressamente disciplinate da disposizioni di legge”. La proposta
avrebbe rovesciato l’impostazione della legge 10 ottobre 1990, n.287, la quale
prevede deroghe assai più ampie per tali imprese. Rimanevano, peraltro, poco
chiari i rapporti funzionali tra i due organi di regolazione[36].
Il
profilarsi della grave crisi finanziaria del 1992 e il conseguente avvio del
processo di privatizzazione delle imprese pubbliche induceva il Governo ad
assumere concrete iniziative legislative in materia di regolazione delle
imprese di pubblica utilità. Nell’aprile del 1992 il Governo[37]
aveva presentato in Parlamento una richiesta di delega per la costituzione di
“Agenzie per i servizi pubblici”: la formulazione assai ampia sembrava
consentire di impiegare la delega per disciplinare l’assetto regolamentare sia
dei servizi prodotti dalle amministrazioni pubbliche, sia di quelli venduti sul
mercato dalle imprese di pubblica utilità.
Accenni
all’esigenza di rivedere le “disposizioni in materia di regolazione” in vista
della dismissione delle imprese produttrici di servizi a mezzo di reti fisse
erano contenute nel Libro verde sulle partecipazioni dello Stato[38],
nonchè nel Documento sul riordino delle partecipazioni pubbliche e sullo stato
delle privatizzazioni[39]
nel quale si sottolineava l’esigenza di anteporre alla vendita delle aziende
pubbliche l'istituzione di organismi indipendenti di regolazione, definendone
alcuni caratteri e annunciando la presentazione di un disegno di legge delega.
Il piano di riordino prefigurava l’istituzione di autorità distinte, dotate di
“elevata competenza tecnica”, in grado di affrontare i problemi “con assoluta
indipendenza rispetto agli operatori pubblici”. Lo schema normativo, presentato
alla Camera dei Deputati nella primavera del 1993 poco prima delle dimissioni
dell'esecutivo, prevedeva l’istituzione di quattro “agenzie indipendenti”, con
ampi poteri in materia tariffaria, di accesso al mercato e di qualità dei
servizi[40].
Alla
fine del 1993, nell’ambito delle misure di razionalizzazione delle amministrazioni
pubbliche contenute nel disegno di legge a latere della legge finanziaria per
il 1994, veniva inserita una nuova richiesta di delega per “istituire organismi
indipendenti per la regolazione dei servizi di rilevante interesse pubblico”.
In
seguito la legge 24 dicembre 1993, n.537, sopprimeva il Cip e delegava (art.1)
il Governo a istituire, entro sei mesi, “organismi indipendenti per la
regolazione di servizi di rilevante interesse pubblico”, anche mediante il
trasferimento di compiti già svolti da organi ministeriali.
All’inizio
del 1994 veniva proposta un’autorità limitata al settore energetico in base
alla delega concessa dalla legge n.537/93. Uno schema di decreto legislativo,
discusso dal Consiglio dei ministri, prevedeva un’autorità dotata di 110 unità,
con sede in Roma, composta da un presidente e quattro membri, in carica per
sette anni senza facoltà di riconferma. Oltre alle funzioni di natura
tariffaria e autorizzativa, venivano attribuite competenze sulla Cassa
conguaglio per il settore elettrico, i prezzi di cessione dell’energia prodotta
con fonti rinnovabili e la revisione della riserva
legale attribuita all’Eni per lo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale
nella pianura padana e nel tratto di mare prospiciente. Il decreto non venne
tuttavia emanato, essendo nel frattempo terminata anticipatamente l’XI
legislatura.
Con
la XII legislatura, si affermava definitivamente il principio secondo cui
l'istituzione di nuovi organismi di regolazione avrebbe dovuto precedere la
privatizzazione delle imprese pubbliche. L’iniziativa legislativa tornava nelle
mani del Parlamento. L’art.1 bis, introdotto per impulso parlamentare nella
normativa “sulle privatizzazioni” (legge 30 luglio 1994, n. 474, di conversione
del DL 31 maggio 1994, n.332), subordina espressamente “le dismissioni delle
partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici” in imprese operanti
nei settori della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni e delle fonti
di energia[41], “alla
creazione di organismi indipendenti” di regolazione delle tariffe e di
controllo della qualità dei servizi.
Nel
giugno 1994 fu presentato in Parlamento un disegno di legge[42]
per l’istituzione di autorità indipendenti nel campo dei servizi di pubblica
utilità, con il quale iniziava il percorso che avrebbe condotto alla nascita
della legge 14 novembre 1995, n. 481[43].
Tale
processo si situa in un contesto di ripensamento del ruolo dell’operatore
pubblico nell’economia italiana. Come è stato sottolineato in dottrina,
infatti, nella realtà contemporanea, le scelte pubbliche dell'economia,
piuttosto che il libero prodotto del soggetto al quale vengono formalmente
imputate, sono il risultato della connessione di una serie di rapporti e di
relazioni che si producono esternamente che si realizza attraverso il
riconoscimento di poteri di vario tipo - di controllo, di indagine, di
raccomandazione, di proposta, di sanzione, di regolamentazione, di decisione -
ad organismi collocati in grado di esercitare le proprie funzioni con un certo
distacco sia dall'autorità pubblica tradizionale che dagli interessi coinvolti[44].
Lo Stato dei giorni nostri, respinta l'economia di comando, respinto il
liberismo puro, viene infatti assestandosi "come stato ad economia
poliarchica organizzata, stato osmotico a compenetrazione continua e reciproca
con la società"[45].
Fallito il "mito" dell'intervento diretto dello Stato nell'economia,
si è scelto, dunque, di adottare "norme condizionali" dirette a
regolare il mercato affidandone l'attuazione pratica, con ampi poteri
gestionali ad organismi autonomi ed indipendenti reggenti i diversi ordinamenti
settoriali[46].
L’iniziativa parlamentare, di conseguenza, ha preso atto dell'inefficacia di
interventi fondati sul “ricorso alla gestione diretta da parte dello Stato”, ritenendo
che i compiti di indirizzo e di regolazione fossero meglio perseguiti da
autorità indipendenti dal potere politico. Il legislatore muoveva dall’esigenza
di accrescere la concorrenza nei servizi svolti in regime di riserva pubblica,
ricorrendo a moderni strumenti di regolazione dove essa non potesse ancora
pienamente dispiegarsi: venivano menzionati standard tecnici compatibili con la
qualità del servizio, meccanismi di tariffazione volti a incentivare
l’efficienza interna, prezzi di interconnessione alle reti non discriminatori
ma allo stesso tempo compatibili con la redditività degli operatori[47].
Il
testo legislativo approvato definitivamente, in seconda lettura dalla Camera
dei Deputati nella seduta del 9 novembre 1995 e divenuto legge (n.481) il 14
novembre 1995, istituisce le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica
utilità competenti per l’energia elettrica e il gas, e per le
telecomunicazioni.
Tale
legge, mentre istituisce direttamente le due Autorità suddette, detta compiute
norme per la disciplina del solo settore energetico rinviando a successivi
provvedimenti legislativi la disciplina degli altri settori di servizi.
L’organismo
indipendente per il settore delle telecomunicazioni, l’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni, è stato disciplinato dalla legge 31 luglio 1997, n.249,
che definisce anche le norme per i servizi di telecomunicazione e di
radiotelevisione, oltre ad apportare alcune deroghe e integrazioni all’art. 2
della legge n. 481/95[48].
Tuttavia,
all'art.2 prevede una serie di disposizioni che, dichiaratamente,
"costituiscono principi generali cui si ispira la normativa relativa
all'Autorità"[49].
Nel
perseguire le finalità enunciate all’art. 1 le
Autorità provvedono a controllare che le condizioni e le modalità di accesso per
i soggetti esercenti i servizi siano attuate nel rispetto dei principi della
concorrenza e della trasparenza. In quanto organismi nazionali competenti per
la regolazione e il controllo, esse svolgono attività consultiva e di
segnalazione al Governo nelle materie di propria competenza anche ai fini della
definizione, del recepimento e della attuazione della normativa europea (art.
2, comma 6).
Le
Autorità possono a loro volta formulare osservazioni e proposte da trasmettere
al Governo e al Parlamento sui servizi da assoggettare ai regimi di concessione
o di autorizzazione e sulle relative forme di mercato, nonché proporre al
Governo modifiche normative e regolamentari necessarie per adeguare la
regolazione del settore all’evolvere delle caratteristiche del mercato, delle
tecnologie e delle normative europee (art. 2, comma 12, lettera a).
L'Autorità
opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio nel quadro degli
indirizzi di politica generale formulati dal Governo e dal Parlamento e tenuto
conto della normativa dell'Unione europea in materia. Il Governo indica
all'Autorità, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, le
esigenze di sviluppo dei servizi di pubblica utilità che corrispondono agli
interessi generali del Paese[50].
L'Autonomia di cui gode l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas si
estrinseca nel potere riconosciutogli dalla legge (art.2, comma 10) di
disciplinare autonomamente i procedimenti volti all'adozione dei propri
provvedimenti di interesse generale[51]
in forza dell'autonomia organizzativa di cui gode definendo i propri
regolamenti per quanto riguarda l'organizzazione interna, il funzionamento e la
contabilità (art.2, comma 28)[52].
Tant'è che il finanziamento dell'Autorità, come si vedrà, è posto a carico dei
soggetti esercenti i servizi, i quali contribuiscono con un versamento annuale
in misura non superiore all'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio. Ma
quel che è certo, riguarda l'indipendenza di giudizio e di valutazione che
starebbe ad indicare la non condizionabilità delle Autorità da parte di altri
centro di cessione in particolare dal Governo e dagli uffici ministeriali[53].
L'Autorità
è un organo collegiale, composto dal Presidente e da due Membri. I tre
componenti l'Autorità sono nominati con decreto del Presidente della
Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Le designazioni
effettuate dal Governo sono sottoposte al parere vincolante espresso a
maggioranza assoluta dalle Commissioni parlamentari competenti. I componenti
sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e
competenza. Gli incarichi durano sette anni e non sono rinnovabili. A tutela
dell'indipendenza dell'Autorità è fatto esplicito divieto ai suoi componenti di
intrattenere rapporti di consulenza o collaborazione e di avere interessi
diretti o indiretti nelle imprese operanti nei settori di competenza; il
divieto si estende anche ai quattro anni successivi alla cessazione
dall'incarico.
I componenti
attualmente in carica sono stati nominati con decreto del
Presidente della Repubblica del 7 ottobre 1996. Nel momento in cui si è
insediata, il 4 dicembre 1996, sono state trasferite all'Autorità le funzioni
relative alle sue attribuzioni, fino ad allora esercitate da altre
amministrazioni pubbliche.
Ai
sensi della legge istitutiva il reclutamento del personale di ruolo previsto
nella pianta organica, che non può eccedere le ottanta unità, avviene mediante
pubblico concorso, con eccezione del personale il cui inquadramento non
richiede un titolo di studio superiore alla scuola dell’obbligo (art. 2, comma
29). Oltre al personale di ruolo, possono essere assunti fino a quaranta
dipendenti con contratto a tempo determinato di durata non superiore a due
anni, rinnovabile non più di due volte. Per agevolare la fase di avvio
dell’attività e limitatamente a essa, la legge consente il ricorso a
un’apposita selezione volta a verificare il possesso di requisiti di
competenza, professionalità ed esperienza per un reclutamento nella misura
massima del 50 per cento dei posti di ruolo.
L’art.1,
comma 21, della legge n. 249/97 ha confermato che l’Autorità per l'energia
elettrica e il gas può avvalersi, per motivate esigenze, di dipendenti dello
Stato o di altre amministrazioni pubbliche o di enti pubblici.
L’Autorità
può inoltre dotarsi di esperti e collaboratori esterni in numero non superiore
a dieci, per specifici obiettivi e profili professionali, con contratti a tempo
determinato di durata non superiore a due anni, rinnovabili per non più di due
volte.
Il
personale dipendente, anche con contratto a tempo determinato, non può assumere
altro impiego o incarico o esercitare altra attività professionale, anche se a
carattere occasionale; non può inoltre avere interessi diretti o indiretti
nelle imprese del settore. La violazione di tali divieti costituisce causa di
decadenza dall’impiego ed è punita, ove il fatto non costituisca reato, con una
sanzione amministrativa pecuniaria (art. 2, comma 31).
Il
personale dipendente in servizio anche in forza di contratto a tempo
determinato, o comandato presso l'Autorità da altre amministrazioni, non può
assumere altro impiego o incarico, né esercitare altra attività professionale,
anche se a carattere occasionale. Esso, inoltre, non può avere interessi
diretti o indiretti nelle imprese dei settori di competenza. Un Codice etico
adottato dall'Autorità[54]
stabilisce norme di comportamento per i suoi componenti, dirigenti e personale.
All’Autorità,
come si è detto, è riconosciuta autonomia organizzativa, contabile e
amministrativa. Il rendiconto della gestione dell’Autorità è soggetto al
controllo della Corte dei conti; il bilancio preventivo e il rendiconto della
gestione sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Con riferimento all’autonomia
contabile, l’art. 2, comma 21, della legge n. 249/97 ha disposto che si
applichi anche all’Autorità per l’energia elettrica e il gas la deroga alle
norme relative alla contabilità generale dello Stato[55].
Rapporti dell'Autorità con gli attori principali del mercato
dell'energia.
Come
si è visto, l'Autorità ha il compito di perseguire le finalità indicate dalla
legge n. 481 del 1995 con cui si vuole "garantire la promozione della
concorrenza e dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e il
gas, nonché di "assicurare adeguati livelli di qualità" dei servizi.
Le finalità indicate dalla legge istituiva devono essere perseguite assicurando
"la fruibilità e la diffusione [dei servizi] in modo omogeneo sull'intero
territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e
basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti
e consumatori, ...". Il sistema tariffario deve inoltre "armonizzare
gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli
obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso
efficiente delle risorse". É chiaro, dunque, che dato l'ampio raggio di
intervento dell'azione dell'organo indipendente si ponga il problema di
individuare le norme che regolano i rapporti tra l'organo stesso e gli altri
soggetti pubblici o privati che svolgono comunque un ruolo nel mercato
dell'economia.
Innanzitutto,
dunque, si pone l'esigenza di stabilire i rapporti con altre autorità cui l'ordinamento
affida il compito di perseguire una determinata funzione pubblica nello stesso
settore in cui opera l'Autorità per l'energia elettrica e il gas[56].
Il problema, in termini più generali, si pone differentemente a seconda che si
considerino i rapporti con Autorità diverse operanti però per perseguimento di
medesimi obiettivi oppure con organismi preordinate al raggiungimento di
obiettivi diverso o configgenti[57].
Ma non v'è dubbio che per l'Autorità in questione i suddetti problemi possano
porsi soprattutto in riferimento ai rapporti con l'Autorità della concorrenza e
del mercato. Sul punto è necessario rilevare che l’art. 2, commi 33 e 34, della
legge n. 481/95 è diretto a regolare proprio i rapporti fra le Autorità di
settore e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le Autorità,
infatti, accertano, con riferimento ad atti e comportamenti delle imprese
operanti nei settori sottoposti a controllo, la sussistenza di ipotesi di
violazione delle disposizioni della legge n. 287/90. In caso di sussistenza
segnalano tale circostanza all’Autorità garante per l’adozione dei
provvedimenti di competenza di quest’ultima.
Sul
piano del disegno istituzionale sono possibili soluzioni diverse. Per la
generalità dei settori, il decisore pubblico delega a un’autorità antitrust, in
Europa, o ai giudici, oltreoceano, l’obiettivo di sostegno della concorrenza;
può talvolta intervenire direttamente sugli assetti produttivi,
disarticolandoli. Per i settori che forniscono servizi in rete solitamente la
delega investe un’autorità di regolazione: un organismo di portata tipicamente
settoriale, che in parte si sostituisce al mercato fissando in via
amministrativa tariffe e condizioni del servizio, in parte usa gli stessi
poteri di determinazione amministrativa per promuovere la concorrenza, laddove
le condizioni tecnologiche e di costo ne consentano il funzionamento ma ne
precludano, nell’immediato, uno sviluppo spontaneo.
Tra
l’autorità garante della concorrenza e l’autorità di regolazione non vi è
quindi dicotomia, ma complementarità e interazione. La prima vigila sul
rispettato della concorrenza e suggerisce di ampliarne la portata; la seconda
opera per accrescerne l’estensione, come quando determina le condizioni e i
prezzi di accesso alle reti. Misure di deregolazione divengono possibili una
volta che siano stabilite condizioni sufficientemente concorrenziali. In un
mondo complesso, dove operano imprese dotate di un rilevante potere di
controllo dell’informazione sui costi e la tecnologia, la regolazione deve superare
i vincoli informativi. Un aiuto determinante proviene dall’integrazione di un
mercato nazionale in un mercato continentale. Nel primo, la dimensione di un
operatore può essere eccessiva perché si abbia competizione, mentre lo stesso
operatore può correttamente competere nel secondo. Per questa ragione la
liberalizzazione in Europa coincide con la creazione del mercato interno[58].
Le
soluzioni possono diversificarsi tra settori e tra contesti nazionali per
tenere conto delle specificità dei diversi assetti. Alcune porzioni del settore
regolato possono essere liberalizzate prima di altre, permettendo l’ingresso di
imprese in concorrenza con quelle già presenti nel mercato. In altri casi la
concorrenza potrà realizzarsi con il ricorso a meccanismi di asta competitiva
per il mercato, come nell’affidamento in concessione. In altri casi ancora, la
promozione della concorrenza può assumere la forma di un confronto comparativo
tra la condotta di operatori distinti in contesti territoriali distinti
(yardstick competition).
Il
regolatore è esposto a sfide diverse rispetto ad altri soggetti della politica
economica. Proprio perché il suo mandato è più circoscritto e i suoi obiettivi
meglio definiti, è più stringente il confronto fra costi e benefici, fra oneri
amministrativi e maggiore benessere sociale. L’efficacia della sua condotta
dipende crucialmente dalla capacità di sfuggire al rischio di “cattura”, ossia
di eccessiva influenza da parte dell’impresa regolata. Il rischio di soggiacere
a interessi particolari può rilevare anche per altre attività di politica
economica: tuttavia, esso è maggiore nel caso della regolazione, dove gli
interlocutori sono spesso poco numerosi e molto potenti, e comunque in grado di
condizionare l’equilibrio di mercato.
Infine,
ai sensi dell’art.1, comma 16, della legge 31 luglio 1997, n. 249, le Autorità
collaborano, anche mediante scambi e informazioni, con le Autorità e le
amministrazioni competenti degli Stati esteri al fine di agevolare le
rispettive funzioni. Nel perseguire le finalità enunciate all’art.1 della legge
istitutiva le Autorità provvedono a controllare che le condizioni e le modalità
di accesso per i soggetti esercenti i servizi siano attuate nel rispetto dei
principi della concorrenza e della trasparenza.
In
secondo luogo vanno analizzati i rapporti dell'Autorità con gli organi della
pubblica amministrazione considerando che l’art. 2, comma 14, della legge
istitutiva trasferisce a essa tutte le funzioni amministrative esercitate da
organi statali e da altre amministrazioni pubbliche relative alle sue
attribuzioni, ivi incluse quelle in materia di tutela degli interessi degli
utenti e dei consumatori[59].
Ai
sensi della legge istitutiva l’Autorità è chiamata a svolgere attività di
consultazione, proposta e segnalazione al Governo e al Parlamento nelle materie
di propria competenza. In quanto organismo nazionale competente per la
regolazione e il controllo, svolge inoltre attività consultiva ai fini della
definizione, del recepimento e della attuazione della normativa comunitaria.
Alle
Autorità sono attribuite funzioni di segnalazione nei confronti del Parlamento
e del Presidente del Consiglio dei ministri ai quali ciascuna Autorità deve
presentare una relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta
(art. 2, comma 12, lettera i). Questo adempimento rappresenta il principale
strumento con cui le Autorità riferiscono del proprio operato al Parlamento e
al Governo, indicano i problemi da affrontare e possono suggerire eventuali
misure d’intervento[60].
Come
emerge dalla relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta
presentata il 30 aprile 1998[61],
nel corso del primo anno di attività in più occasioni l’Autorità ha pertanto
fornito pareri e formulato proposte, su richiesta o su propria iniziativa. Alla
Presidenza del Consiglio dei ministri sono stati inviati suggerimenti per la
modifica sulla proposta di Direttiva europea per il gas (delibera 2 dicembre
1998, n. 129. Su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato
inviato un parere sullo schema di disegno di legge concernente la “Legge quadro
sulle problematiche dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici”. Una proposta è stata inviata al Ministro dell’industria, del
commercio e dell’artigianato in merito alla liberalizzazione del mercato delle
eccedenze elettriche (delibera 5 novembre 1997, n. 122). Un parere è stato
espresso su richiesta del Ministero dei lavori pubblici in merito all’istanza
presentata dall’Enel per il rilascio di una nuova autorizzazione per l’importazione
e esportazione di energia elettrica (delibera 13 dicembre 1997, n. 133).
L’Autorità ha trasmesso al Governo, ai Presidenti delle Camere, alla Consob e
all’Autorità garante della concorrenza e del mercato raccomandazioni in esito
all’indagine conoscitiva su un caso di iniziativa imprenditoriale congiunta da
parte di Eni e di Enel (delibera 28 maggio 1997, n. 54). Con la Consob e con
l’Autorità garante della concorrenza e il mercato è stata inoltre avviata
un'attività di collaborazione su tematiche di interesse comune. Il 24 settembre
1997 l’Autorità, infine, è stata ascoltata dalla Commissione attività
produttive della Camera dei deputati nel quadro dell’indagine conoscitiva
sull’energia, per fornire un parere sulle principali problematiche del settore
elettrico e sull’avvio delle proprie attività in vista della liberalizzazione
dei mercati da essa regolati. Il 12 marzo 1998 l’Autorità ha presentato presso
la Commissione permanente per l’industria, il commercio e il turismo del Senato
le proposte relative alla regolamentazione delle tariffe e della qualità del
servizio elettrico. Consultazioni si sono svolte con il Ministro
dell’industria, del commercio e dell’artigianato in diverse occasioni su temi
di comune interesse emersi nel corso dell’anno. Tra questi, il problema dei
contratti interrompibili e quello dell’utilizzo dei rifiuti e dei combustibili
diversi dai combustibili fossili tradizionali nelle centrali termoelettriche
(delibera 30 gennaio 1998, n. 5).
Al
Governo, cui spettano le funzioni di indirizzo per il settore regolato (art. 2,
comma 14), la legge riserva il compito di indicare all’Autorità, nell’ambito
del Documento di programmazione economico-finanziaria, il quadro di esigenze di
sviluppo dei servizi di pubblica utilità che corrispondono agli interessi
complessivi del paese (art. 2, comma 21).
Le
Autorità possono a loro volta formulare osservazioni e proposte da trasmettere
al Governo e al Parlamento sui servizi da assoggettare ai regimi di concessione
o di autorizzazione e sulle relative forme di mercato, nonché proporre al
Governo modifiche normative e regolamentari necessarie per adeguare la
regolazione del settore all’evolvere delle caratteristiche del mercato, delle
tecnologie e delle normative europee (art. 2, comma 12, lettera a).
La
legge istitutiva chiama inoltre le amministrazioni pubbliche e le imprese a un dovere di collaborazione con le
Autorità riguardante la trasmissione a queste ultime di notizie e di
informazioni utili all’adempimento delle funzioni (art. 2, comma 22)[62].
Come richiesto dall’art. 2, comma 23, della legge istitutiva, l’Autorità si è
dotata di un proprio regolamento per lo svolgimento delle audizioni periodiche
delle formazioni associative dei consumatori e utenti, dei sindacati delle
imprese e dei lavoratori e delle associazioni ambientaliste[63].
Nell’esercitare
la propria autonomia regolamentare in materia, l’Autorità ha in concreto
ampliato il sistema di garanzie fornito dalla legge n. 241/90. Questo
orientamento si basa su alcune disposizioni della stessa legge riferite a
provvedimenti di natura generale. In particolare:
-
l’art. 2, comma 12, lettera e, secondo cui l’Autorità: “verifica la conformità
ai criteri di cui alla presente lettera delle proposte di aggiornamento delle
tariffe annualmente presentate e si pronuncia, sentiti eventualmente i soggetti
esercenti il servizio”;
-
l’art. 2, comma 12, lettera h, che conferisce all’Autorità il potere di emanare
”le direttive concernenti la produzione ed erogazione dei servizi da parte dei
soggetti esercenti i servizi medesimi definendo ... sentiti i soggetti
esercenti il servizio e i rappresentanti degli utenti e dei consumatori,
eventualmente differenziandoli per utente e per tipo di prestazione”.
Le
scelte compiute sono state orientate a rafforzare le garanzie di tutela degli
interessi offerte dall’istituto della consultazione degli utenti e degli
esercenti. Le audizioni periodiche sono state finalizzate all’acquisizione e
discussione delle osservazioni presentate dalle formazioni associative,
rappresentative degli interessi sociali coinvolti nel processo di regolazione
(consumatori, ambientalisti, sindacati e imprese) sugli interventi di carattere
generale programmati.
Nell’ambito
dei procedimenti volti alla predisposizione di provvedimenti di natura
normativa è stata prevista la diffusione di documenti di consultazione al fine
di acquisire osservazioni scritte e, ove ritenuto opportuno, la convocazione in
audizione speciale, anche individuale, dei soggetti direttamente interessati ai
provvedimenti stessi. La definizione delle norme procedurali per la formazione
dei provvedimenti ha contribuito a precisare l’impianto organizzativo
dell’Autorità durante la fase costitutiva. L’emanazione di tali norme poggia
sul riconoscimento di una fonte esterna per l’inquadramento delle procedure
amministrative dell’Autorità.
Infatti,
l’art. 2, comma 24, lettera a), della legge n. 481/95 stabilisce che,
attraverso uno o più regolamenti governativi, siano disciplinate “le procedure
relative alle attività svolte dalle Autorità idonee a garantire agli
interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, in
forma scritta e orale e la verbalizzazione”.
L’interpretazione
letterale di questa disposizione sembra attribuire al regolamento governativo
il potere di disciplinare, con un ampio mandato, le procedure relative
all’insieme delle attività svolte dalle Autorità. Tuttavia, il riferimento al
principio del contraddittorio consente di superare una lettura restrittiva:
secondo i principi sui procedimenti amministrativi definiti dalla legge
n.241/90, il contraddittorio dovrebbe riguardare i soli provvedimenti
individuali; esso non è invece applicabile ad atti normativi con efficacia
generale, sia pure nei confronti di soggetti appartenenti a categorie
predeterminate (esercenti, utenti, consumatori), atti che di norma non
producono conseguenze dirette sulla posizione giuridica dei singoli
destinatari. Appare pertanto legittima un’interpretazione estensiva, secondo
cui l’Autorità gode di autonomia nella disciplina dei procedimenti per la
formazione di atti normativi.
Le
audizioni periodiche sono regolate da procedure e consentono alle associazioni
stesse di richiedere specifici argomenti da inserire all’ordine del giorno. Nel
regolamento vengono disciplinate le audizioni speciali convocate anche su
richiesta delle associazioni su specifici argomenti o temi particolari. In
vista delle audizioni periodiche e speciali l’Autorità diffonde documenti di
consultazione contenenti proposte o versioni preliminari dei provvedimenti da adottare,
sollecitando osservazioni e commenti. L’intero impianto organizzativo e
procedurale delle attività di consultazione realizza condizioni di elevata
trasparenza.
Le
leggi istitutive delle Autorità indipendenti prevedono che queste, nello
svolgimento della loro attività acquisiscano e diffondano informazioni. Ciò in
quanto, essendo poste alla guida di particolari settori, per assicurare quella
trasparenza dell'attività e quella diffusione di conoscenze che non sono
garantite alla collettività dagli organi di intervento tradizionali (stato o
altri organismi pubblici), sia perché questi sono sottoponibili a pressioni
politiche burocratiche e finanziarie cui le autorità sono sottratte, sia perché
in alcuni casi l'intervento affidato ai modelli tradizionali c'è stato e si è
rivelato insoddisfacente[64].
Per
quanto riguarda il rapporto con le imprese operanti nel settore che l'Autorità
è diretta a gestire devesi preliminarmente rilevare che a queste ultime fa
carico l'obbligo di contribuzione per il finanziamento dell'Autorità. In base
all’art. 2, comma 38, lettera b) della legge n. 481/95, soggetti all'obbligo di
contribuzione sono gli esercenti dei servizi regolati. Il finanziamento è
assicurato mediante un contributo versato dai soggetti esercenti i servizi, di
importo non superiore all’uno per mille dei ricavi dell’ultimo esercizio. Le
modalità del versamento sono fissate con decreto del Ministro delle finanze
emanato di concerto con il Ministro del tesoro. Il livello dell’aliquota,
successivamente alla prima determinazione effettuata con il regime di cui
sopra, è adeguato dal Ministro delle finanze “in relazione agli oneri atti a
coprire le effettive spese di funzionamento” dell’Autorità.
La
scelta operata dal legislatore configura un regime parafiscale, basato
sull’imposizione ai soggetti regolati di prestazioni patrimoniali commisurate
al fabbisogno dell’Autorità. A essa viene attribuita autonomia finanziaria,
ossia la capacità di determinare le occorrenze necessarie; la potestà
impositiva, intesa come capacità di imporre le prestazioni patrimoniali, di
determinare la base imponibile e di fissare la misura dell’aliquota, è invece
affidata ai Ministri del tesoro e delle finanze.
Una
questione di rilievo sorta nella fase di avvio è stata l’individuazione dei destinatari
dell’obbligo di contribuzione. Il mandato istituzionale dell’Autorità e la
nozione di servizio di pubblica utilità giustificano la coincidenza fra l'area
dei soggetti passivi e quella dei soggetti destinatari della regolazione. Ciò
induce a identificare i servizi regolati nell’insieme di attività economiche
produttive di utilità di interesse generale, ossia l’intero settore,
indipendentemente dall’applicazione del regime concessorio o autorizzativo. Gli
obblighi di finanziamento rimarrebbero immutati anche in un assetto di mercato
diverso da quello attuale: sebbene la liberalizzazione dei settori
necessariamente riduca il peso degli interventi di determinazione tariffaria,
essa non comporterebbe alcun ridimensionamento dei poteri di regolazione finalizzati
a garantire l’accesso alle reti e la tutela degli interessi generali[65].
Nel
quadro dei complessi rapporti delineati in riferimento ai diversi soggetti che
si trovano in qualche maniera coinvolti nel mercato dell'energia emerge con
forza il problema relativo all'esatta qualificazione giuridica delle
attribuzioni dei poteri dell'Autorità diverse dalle funzioni amministrative
ovvero autoritative, regolative o di controllo che la legge gli riconosce. Si
intende far riferimento al ruolo "paragiurisdizionale o di arbitrio
neutrale" proprio di molte autorità indipendenti che si manifesta con
modalità diversificate a seconda della tipologia dei conflitti che esse sono
chiamate a risolvere, degli interessi affidati alla loro cura e dei soggetti
coinvolti nel conflitto[66].
Sul
punto occorre rilevare che indubbiamente all'Autorità vada ascritta la
responsabilità di amministrazione settoriale cui si aggiunge una funzione di
garanzia non solo delle regole della concorrenza e del mercato ovvero dei
diritti delle imprese operanti in quel settore ma anche degli interessi e dei
diritti degli utenti[67].
Da questo punto di vista all’interno dell’attività di tipo contenzioso (svolte
cioè in forme che attuano, al di là di una semplice apertura alla
partecipazione degli interessati, una piena garanzia del contraddittorio)[68]
si apre uno spazio per la distinzione tra attività di tipo semicontenzioso (o
contenzioso in senso ampio) e attività di tipo contenzioso (o contenzioso in
senso stretto) nella quale il ruolo delle autorità indipendenti assomiglia al
massimo grado a quello degli organi propriamente giurisdizionali[69].
In
riferimento ai conflitti tra l'ente regolatore ed i soggetti regolati si rileva
che l'Autorità esercita la propria attività in forme che si avvicinano ancora,
pur con una qualche accentuazione delle modalità del contraddittorio e del
principio della formalizzazione degli atti, a quelle proprie delle
amministrazioni di tipo tradizionale tenuto conto che, con l’introduzione della
legge 7 agosto 1990, n.241 anche queste ultime devono lasciar spazio a momenti
partecipativi con i soggetti esterni interessati. In questo tipo di situazioni
il regolatore, cioè l’autorità indipendente si contrappone al regolato, cioè al
soggetto destinatario della disciplina amministrativa sostanziale della cui
corretta applicazione si fa tutore l’autorità indipendente in funzione di cura
di un interesse pubblico oggettivato. Il rapporto che si instaura, pur aperto
talora alla partecipazione di altri soggetti è di tipo essenzialmente bilaterale
e si sostanzia in una contrapposizione dialettica tra un soggetto privato,
portatore di un interesse di tipo per così dire oppositivo, e un soggetto
pubblico l’autorità indipendente, titolare di un potere è dunque posta in una
situazione sovraordinata , esercitato in funzione di tutela di un interesse
pubblico[70].
Basti ricordare il potere riconosciuto in via esclusiva all'Autorità di
irrogare sanzioni a carico delle imprese esercenti come previsto dall'art.2,
comma 20 della legge istitutiva.
Per
quanto riguarda i conflitti tra l'autorità e gli utenti del servizio regolato
si è già evidenziata la funzione di tutela degli interessi riconosciuta
all'ente regolatore che si modella sulla scia delle funzioni
para-giurisidizionali[71],
posto che, ad esempio, l'esperimento del ricorso presentato innanzi
all'Autorità sospende i termini della proposizione del ricorso giurisdizionale
e che l'eventuale ricorso giurisdizionale proposto prima dell'esaurimento della
procedura di conciliazione o arbitrato debba essere dichiarato improcedibile[72].
Ma senza dubbio, il rapporto tra autorità indipendente e soggetti coinvolti nel
conflitto è tutt'altro che imparziale poiché se da una parte è vero che
l'autorità non intrattiene alcuna relazione con gli utenti, dall'altra non può
negarsi, come si è visto in precedenza, che nei confronti dell'ente regolatore
o dell'impresa regolata l'autorità si pone con un legame molto diverso dati i
rapporti di vigilanza e di finanziamento[73].
Resta
fermo che la tutela giurisdizionale avverso gli atti e i provvedimenti
dell’Autorità è affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. Avendo sede in Milano, i ricorsi sono proposti avanti il
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia.
Intervento regolativo o intervento autoritativo sul mercato
dell'energia da parte dell'Autorità ?
Come
si è visto, la legge n. 481/95 ha istituito la prima autorità italiana di
regolazione di pubblici servizi con compiti di promozione dell’efficienza e di
tutela degli interessi degli utenti. Gli obiettivi fondamentali di promozione
della concorrenza, di efficienza ed economicità nella gestione, di qualità e
diffusione dei servizi che guidano l’azione dell’Autorità, identificano anche i
principi ispiratori della moderna regolazione economica.
Un’autorità
indipendente rappresenta una delle forme istituzionali assunte dall’intervento
pubblico nell’economia. A fianco della tutela della concorrenza, la regolazione
costituisce una delle modalità con cui l’operatore pubblico interviene sui
mercati, correggendone le imperfezioni. I due strumenti non sono in generale
alternativi, bensì complementari: possono essere accomunati dall’obiettivo di
promozione della concorrenza, come accade con la legge istitutiva dell’Autorità
che inserisce quel principio tra le finalità generali delle misure tariffarie.
La
ricerca dei presupposti e delle conseguenze degli interventi di regolazione ha
avuto un ruolo centrale nel dibattito di politica economica. Sul piano
istituzionale, un punto fermo è stato rappresentato dall’introduzione della
legislazione antimonopolistica negli Stati Uniti a cavallo dei due secoli
(Sherman Act, 1890 e Clayton Act, 1914)[74].
Nell’ultimo trentennio la discussione ha tratto alimento prima dai importanti
contributi di economisti anglosassoni[75],
poi dalla riflessione critica sul ruolo economico dello Stato, stimolata dal
progresso tecnologico e dall’affermarsi di orientamenti di politica economica
più favorevoli che in passato all’iniziativa privata.
In
questa prospettiva la dottrina ha cercato di individuare la natura delle
funzioni che la legge ha attribuito all'Autorità per l'energia elettrica ed il
gas posto che, sebbene alle autorità indipendenti vengono spesso affidate
funzioni di regolazione sotto il profilo organizzativo, tecnico e normativo del
settore al quale sono preposte, non v' è dubbio che i poteri non sono limitati
alla sola funzione normativa o amministrativa in senso proprio. Del resto non
v'è omogeneità nelle funzioni amministrative che gli sono affidate tanto che
solo in senso generico può parlarsi di funzioni amministrative con riguardo
alle autorità indipendenti in quanto, talora a dette autorità sono affidate
funzioni autoritative non qualificabili come funzione amministrative in senso
proprio intendendosi per tali, tradizionalmente, l'attività consistente nel
provvedere all'interesse pubblico previa comparazione dello stesso con altri
interessi pubblici o privati compresenti nell'esercizio di una scelta che
individua di volta in volta qual è l'interesse prevalente e che si estrinseca
nella regola concreta contenuta nel provvedimento amministrativo[76].
Nasce,
dunque, l'esigenza di chiarire se ed in che limiti l'intervento che la legge
riconosce all'Autorità nel settore energetico sia un intervento diretto alla
gestione del settore.
Preliminarmente
si può rilevare che nella maggior parte delle attività produttive l’operare del
mercato e l’impulso della concorrenza sono sufficienti a far sì che l’attività
economica, nel perseguire obiettivi privati, possa conseguire in misura
ragionevole anche obiettivi sociali. Il sistema dei prezzi equilibra domanda e
offerta, garantendo l'efficienza allocativa: le imprese sono indotte a
comprimere i costi di produzione dei beni e dei servizi; tali riduzioni si
riflettono nei prezzi e il benessere della collettività è reso massimo.
Un
aspetto qualificante le Autorità istituite con la legge n. 481/95 consiste
nella titolarità di una funzione di regolazione dei comportamenti economici.
Questa funzione mira a ricercare un equilibrio tra interessi individuali e
finalità di interesse generale, non sufficientemente garantite dall’autonomia
negoziale offerta dal diritto comune, basato su limiti generali negativi e su
meccanismi repressivi[77].
Le
Autorità sono innanzitutto dotate dei poteri fondamentali di amministrazione
attiva, tipici del regolatore tradizionale: funzioni normative di natura sia
modale (qualità del servizio, modalità di produzione ed erogazione), sia
economica (regolazione tariffaria). Vi si affiancano compiti di natura
conoscitiva, che raccordano le funzioni normative con quelle sanzionatorie,
garantendo la completezza e l’efficacia dell’azione.
La
legge n. 481/95 perfeziona il modello della regolazione sul piano dei processi
decisionali e della tutela del consumatore. Riguardo ai processi decisionali,
le disposizioni della legge istitutiva e l’assetto procedurale di cui
l’Autorità per l’energia elettrica e il gas si è dotata accrescono l’efficacia
del meccanismo, già invalso nella prassi della regolazione, della
consultazione, traducendolo in una forma incisiva di partecipazione dei
soggetti interessati alla formazione dei provvedimenti[78].
Il
secondo piano riguarda la tutela effettiva del consumatore. La regolazione
specifica sugli obblighi di correttezza che le norme di diritto comune
impongono agli operatori economici; tale tutela viene poi rafforzata dai poteri
di sanzione e controllo[79].
Questi poteri, graduati per incisività e peso, dovrebbero ricondurre i
comportamenti degli operatori entro i limiti delle disposizioni comportamentali
che ne disciplinano l’attività. Tuttavia, il principale limite di questo
assetto risiede nel fatto che, nel caso di violazione delle norme, il
consumatore rimane in condizioni di debolezza rispetto alle controparti esercenti
il servizio: i meccanismi ordinari della giustizia civile non sono in genere
sufficienti ad assicurare una tutela efficace a causa degli elevati costi di
accesso ai livelli di giudizio e della lentezza che caratterizza i processi
decisionali. Sotto questo profilo, il regime di regolazione definito dalla
legge n. 481/95 propone soluzioni particolarmente innovative. Da una parte si
arricchiscono gli strumenti dell’azione amministrativa di un potere cautelare,
di intervento nei rapporti negoziali, che può spingersi fino a ordinare la
cessazione di comportamenti lesivi; dall’altra, l’Autorità viene investita di
una funzione sostanzialmente giurisdizionale, anche se priva delle sue
caratteristiche formali, attuata con strumenti di conciliazione e arbitrato tra
gli utenti del servizio e gli esercenti in base a procedure che il Governo
dovrà definire. Queste attribuzioni modificano in profondità i poteri di
regolazione, completando la gamma degli strumenti di tutela con leve di portata assai più dissuasiva rispetto a
quelle ordinarie[80].
L’intervento
regolatore diviene necessario quando il mercato non è in grado di giungere
spontaneamente all’equilibrio concorrenziale. Si hanno allora casi di
“fallimento del mercato”, che la tassonomia di scuola riconduce alla presenza
di monopolio naturale (conseguenza di rendimenti di scala crescenti), di un
rilevante potere di mercato (per l’esistenza di barriere all’entrata, di
pratiche collusive o di comportamenti volti a costituire una posizione
dominante), di asimmetrie informative (riguardanti ad esempio la qualità
intrinseca dei beni scambiati) o di esternalità (interdipendenze involontarie
fra i comportamenti degli agenti)[81].
Tutte
queste fattispecie sono rilevanti nei servizi energetici a rete: si pensi ai
costi non recuperabili derivanti dalle reti fisse necessarie per trasportare
energia elettrica e gas; all’ampia quota di mercato che i principali esercenti
i servizi detengono in molti paesi, anche laddove l’accesso è già stato
liberalizzato; alle difficoltà degli utenti a garantirsi adeguati standard
qualitativi e di sicurezza nella fornitura di quei servizi; agli effetti
sull’ambiente delle emissioni associate alla produzione di elettricità o
all’estrazione del gas[82].
I
compiti fondamentali del regolatore sono, dunque, più che legittimati da
previsione legislative, definiti dai limiti del mercato ora richiamati e
consistenti nell’offrire al consumatore un servizio migliore a parità di
prezzo, restituendogli il “benessere” che gli viene sottratto da prezzi troppo
elevati a causa sia di rendite monopolistiche, sia di inefficienze favorite
dalla mancanza di stimolo competitivo; nel promuovere la concorrenza e nel
tutelarla laddove essa sia già presente; nel garantire l’efficacia e la qualità
del servizio; nel definire regole (tariffarie, tributarie, amministrative)
capaci di limitare gli effetti avversi sull’ambiente delle attività economiche[83].
La
nozione di servizio pubblico implica una fornitura di cui è garantita
l'accessibilità, in termini di quantità richiesta e di equità del prezzo, a
tutti gli utenti. Un assetto concorrenziale consente di norma di cogliere gran
parte di questi risultati, ma le caratteristiche di essenzialità dei servizi
che vengono definiti come pubblici richiedono sempre qualche garanzia direttamente assicurata dalle norme, a fortiori in
presenza di mercati non concorrenziali e per l’utenza di minore dimensione che
si trova in condizioni di inferiorità informativa e contrattuale. La garanzia
di prezzo si concretizza nella fissazione di una tariffa massima fissata da un
organo che il potere di regolamentare il mercato[84].
L’evoluzione
dei modi dell’intervento pubblico nell’economia ha profondamente modificato il
significato della nozione di servizio pubblico. L’aspetto più significativo di
questa evoluzione consiste probabilmente nel riconoscimento della presenza di
un interesse pubblico generale in ogni sfera dell’agire economico: non
esisterebbero attività economiche in cui sia in causa il solo interesse
particolare e contrapposto delle parti.
Secondo
alcuni[85],
questo fenomeno potrebbe comportare il superamento della distinzione
tradizionale tra attività private regolate dal diritto comune e attività di
servizio di pubblica utilità. In determinati settori, l’esistenza di un
interesse collettivo all’efficienza, alla tutela dell’ambiente e dei
consumatori richiederebbe di affiancare agli organismi di garanzia della
concorrenza specifici istituti di regolazione settoriale. Tale esigenza sarebbe
rafforzata dai processi di privatizzazione e di liberalizzazione in atto. In
base a queste considerazioni, la stessa nozione di servizio pubblico in senso
tradizionale manterrebbe significato giuridico solamente nelle situazioni di
riserva legale. Per quanto riguarda l’identificazione sostanziale delle
attività economiche regolate, il testo della legge n. 481/95 fa propendere per
l’inclusione in tale ambito di tutte le fasi del servizio, non solo di quelle
dove sia direttamente coinvolta l'utenza finale.
Le
stesse finalità primarie indicate dalla legge istitutiva (tutela ambientale,
gestione efficiente delle risorse, promozione della concorrenza) implicano che
l’azione del regolatore si rivolga all’intero settore produttivo. In secondo
luogo, la legge istitutiva conferisce all’Autorità poteri riguardanti tutte le
fasi: produzione (con il potere di emanare direttive sulla produzione del
servizio, ex art. 2, comma 12, lettera h), trasmissione (disciplina delle le
condizioni di accesso e di interconnessione alle reti, ai sensi dell’art. 2,
comma 12, lettera d); distribuzione e vendita, con le norme diffuse che
collocano gli utenti fra i destinatari dell’azione regolativa.
La
stessa convenzione di concessione delle attività elettriche all’Enel (approvata
successivamente all’entrata in vigore della legge n. 481/95) afferma che “restano
fermi, per le materie relative alla produzione ed alla erogazione del servizio,
e per tutte le altre materie oggetto della presente convenzione, i poteri
attribuiti alla Autorità dalla legge 481/95”.
Come
si è visto nel paragrafo precedente, l’efficacia dei meccanismi su cui si basa
la regolazione dipende crucialmente dalla capacità di incidere sui
comportamenti d’impresa. Nel caso della regolazione dei prezzi e delle tariffe,
l’efficacia è modesta nel caso di una regolazione che si limiti a garantire un
tasso di profitto equo, perché equivale sostanzialmente al riconoscimento dei
costi medi; è massima negli schemi a prezzo prefissato, come quelli di price
cap, dove l’impresa rimane la beneficiaria di ultima istanza dei risparmi di
costo. Oltre alla sua parsimonia informativa, possibili meriti del price cap
sono la natura di regola rivolta al futuro piuttosto che retrospettiva, la
certezza nella definizione ex ante del ritardo di regolazione, la flessibilità
applicativa di cui gode l’impresa se il vincolo è imposto in termini medi. Di
certo, l’impiego degli strumenti incontra alcuni vincoli. Vi sono, in primo
luogo, vincoli di natura informativa. Questi derivano dalla dipendenza del
regolatore dall’informazione privata dell’impresa, o comunque da flussi informativi
che richiedono verifiche complesse. Ciò accade quando l’impresa regolata può
determinare strategicamente variabili non osservabili agevolmente, come alcune
componenti dei costi di produzione e della qualità del servizio, oppure se essa
gode di vantaggi informativi in merito alle possibilità tecnologiche[86].
Costituiscono
vincoli anche l’onerosità di prevedere in modo esauriente e dettagliato tutte
le possibili situazioni e relazioni, incluse quelle conseguenti dalla
regolazione stessa. Vi sono infine vincoli istituzionali, in quanto l’ambito
della regolazione è necessariamente limitato dalle leve che la legge pone a
disposizione del regolatore, dall’orizzonte temporale in cui essa si dispiega,
dalle norme procedurali che deve osservare.
L’interazione
fra strumenti e vincoli caratterizza dunque, anche la legge istitutiva
dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. Essa, come si è visto,
privilegia (all’art. 2, comma 18) il metodo del price cap “per la
determinazione della tariffa”: pur non facendo uso esplicito di dati relativi
ai costi e ai profitti dell’impresa, quel metodo richiede tuttavia che il
regolatore disponga di informazioni indipendenti e affidabili per poter
individuare l’entità del recupero di efficienza da imporre all’impresa: una misura
troppo stringente la penalizzerebbe fino a causarne la fuoriuscita dal mercato,
una regola troppo blanda la assimilerebbe a un monopolista non regolato[87].
Ma l’obiettivo di promozione dell’efficienza deve armonizzarsi, come detto, con
gli indirizzi di politica economica indicati dal Governo. Inoltre, accanto
all'efficienza la legge n. 481/95 indica la finalità di promozione della
qualità del servizio (art. 1), prevedendo strumenti dettagliati per il suo
perseguimento (art.2, comma 12, lettere da g a n).
Tre
ragioni conferiscono rilievo alla regolazione della qualità intesa in senso
ampio, inclusiva della tutela del rapporto d’utenza. Vi è in primo luogo la
giustificazione economica: poiché il costo di produzione della qualità non è
nullo, l’impresa regolata potrebbe eludere il vincolo tariffario riducendo il
contenuto qualitativo del servizio a parità di prezzo. Un secondo motivo deriva
dal mutamento tecnologico e dalla diffusione di nuove modalità contrattuali:
ciò consente la diffusione di servizi ausiliari rispetto a quelli universali,
rendendo possibile una selezione degli utenti in base alle preferenze per la
qualità, che tuttavia non può essere arbitraria. Infine, vi sono importanti
profili di sicurezza ambientale e di efficienza nell’impiego delle risorse da
tutelare nelle forniture di elettricità e di gas. In linea di principio il
regolatore è in grado di agire efficacemente nonostante i vincoli indicati se
egli ne ha consapevolezza piena, se fissa obiettivi realistici, se investe
risorse nella raccolta delle informazioni utilizzando anche confronti
internazionali, se opera maturando l’esperienza accumulata nel corso del tempo.
In
Italia più che altrove vi erano ragioni cogenti, di carattere generale, che
imponevano di definire un nuovo assetto di regolazione dei servizi di pubblica
utilità: l’esigenza di avviare le privatizzazioni in presenza di vincoli
stringenti di finanza pubblica; l’impulso alla liberalizzazione dei mercati
proveniente dall’Unione europea; l’esigenza di colmare il deficit di concorrenza
del sistema economico nel suo insieme. A queste motivazioni se ne uniscono di
più specifiche, concernenti l’assetto industriale dei due servizi regolati. Nel
caso dell’elettricità, la presenza di un operatore dominante accresce il
rischio che il futuro riassetto proprietario non si accompagni a una vera
liberalizzazione del mercato; in quello del gas, accanto alle condizioni
monopolistiche che caratterizzano alcune fasi del settore, si pone l’esigenza
di promuovere il riordino della distribuzione finale e di definire un sistema
tariffario più trasparente di quello attuale.
La
promozione della concorrenza richiede che il sistema tariffario sia anche in
grado di accelerare la transizione verso il mercato, in linea con gli indirizzi
europei; ciò presuppone che esso sia flessibile, cioè sia in grado di sostenere
modifiche anche rilevanti nell’assetto dei settori regolati. L’efficienza
impone di favorire una corretta allocazione delle risorse: sia raccordando più
strettamente i prezzi ai costi, sia definendo corrette regole contabili e
gestionali, affinché le tariffe possano svolgere la loro funzione segnaletica e
siano possibili recuperi di produttività. Il compito di rafforzare la qualità
dei servizi stimola il ricorso a strumenti innovativi, come direttive, standard
di servizio e analisi comparative che, accanto alle tutela dell’utente,
rafforzano la consapevolezza dei diritti di cittadinanza nei confronti dei
servizi pubblici.
Ma
un tratto qualificante del moderno regolatore è la sua indipendenza dal potere
politico. Essa si rende necessaria affinché l’interesse pubblico di promozione
della concorrenza, dell’efficienza e della qualità sia perseguito in condizioni
di certezza e di stabilità, condizioni che la competizione politica non può per
sua natura garantire. L’indipendenza si sostanzia non solo nell’autonomia dagli
altri organi di governo, ma anche nell’elevata competenza tecnica e
professionale necessaria per attuare interventi mirati con strumenti definiti[88].
In tal
senso, ad una scelta organizzativa di "indipendenza" si connette una
neutralità rispetto agli interessi considerati che assicurerebbe un'effettiva
"imparzialità" nella trattazione delle questioni da esaminarsi. Le
variegate funzioni di gestione settoriale trovano, infatti, origine in diverse
cause: sfiducia della competenza e efficienza dell'amministrazione
tradizionale; carenza di imparzialità della medesima; esigenza di particolari
esigenze specialistiche; tendenza degli interessi di settore ad autogestissi e
a trovare un referente in una struttura organizzativa svincolata dall'apparato
statale e quindi "indipendente"[89].
Svincolato
dal ciclo politico e investito di compiti circoscritti, il regolatore
indipendente può meglio sfuggire ai dilemmi tipici della politica economica: il
conflitto fra regole e discrezionalità, la difficoltà di associare univocamente
strumenti a obiettivi, il mantenimento della coerenza delle scelte nel corso
del tempo. La sua indipendenza non è tuttavia priva di limiti. Vi sono, in
primo luogo, quelli individuati dal mandato istitutivo. Nel contesto italiano
assume particolare rilievo la presenza, accanto all’obiettivo primario di
promozione dell'efficienza, di finalità di indirizzo generale, di obiettivi
sociali e ambientali. La legge n. 481/95 ne fa menzione esplicita all’art. 1,
citando le normative europee e gli indirizzi programmatici definiti dal
Governo; prevede all’art. 2 (comma 19) che i parametri utili alla
determinazione delle tariffe includano i costi derivanti da eventuali
ampliamenti degli obblighi di servizio universale e da politiche orientate alla
modulazione della domanda[90].
In
secondo luogo, vi sono i limiti derivanti dai controlli che di norma
l'ordinamento statale pone alle autorità di regolazione. Per non ledere
l’equilibrio istituzionale, l’indipendenza richiesta dalla natura di organo
tecnico deve essere opportunamente bilanciata da adeguate forme di supervisione
(accountability).
Nel
contesto definito dalla legge n. 481/95 un primo, tipico strumento di controllo
consiste nell’obbligo delle autorità di rendere conto del proprio operato al
Parlamento e al Governo attraverso la presentazione di una Relazione annuale;
un secondo vaglio è il riscontro operato ex post dalla Corte dei conti sul
rendimento annuale. Su un piano più generale, se ne può intravedere un’ulteriore espressione nel ruolo dei
destinatari dell’azione amministrativa: i soggetti regolati o comunque
interessati agli interventi di regolazione, ferma restando la facoltà di
ricorrere alla giurisdizione amministrativa, hanno infatti la possibilità di
rafforzare la loro capacità di interlocuzione attraverso il coinvolgimento
nella formazione delle decisioni garantito dalla legge istitutiva e dalle procedure regolamentari di cui
l’Autorità si è dotata[91].
Una
cattiva regolazione può produrre danni per l’eccessiva onerosità delle regole
che impone, per le lentezze e le distorsioni che può introdurre più o meno
consapevolmente. Nato per correggere le inadeguatezze del mercato, un
regolatore può generare inconvenienti anche maggiori. È perciò importante che
la regolazione sia condotta con la massima attenzione ai suoi effetti e con la
ricerca costante della massima semplicità. Le imprese che vi sono soggette
dovrebbero essere stimolate a innovare e a rispondere alle mutevoli esigenze
del consumatore, non meno di quanto lo siano imprese libere di agire in
contesti di mercato.
Roma,
1998.
NOTE
[1] Cfr. M.D'ALBERTI (1995), Autorità indipendenti, 1.
[2] Cfr. S. AMOROSINO (1995), L'ordinamento amministrativo del credito, 126.
[3] Cfr. V. CAIANIELLO (1997), Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, 341.
[4] Ibidem.
[5] Cfr. M. MANETTI (1997), Autorità indipendenti, 2.
[6] Cfr. C. VITTA (1950), Autorità amministrativa e governativa, 1567.
[7] Cfr. M.D'ALBERTI (1995), Autorità indipendenti, 6.
[8] Cfr. M. MANETTI (1997), Autorità indipendenti, 4.
[9] Cfr. M.D'ALBERTI (1995), Autorità indipendenti, 6.
[10] Cfr. M. MANETTI (1997), Autorità indipendenti, 3.
[11] Cfr. M.D'ALBERTI (1995), Autorità indipendenti, 6
[12] Cfr. M. MANETTI (1997), Autorità indipendenti, 6.
[13] Ibidem.
[14] Cfr. V. CAIANIELLO (1997), Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, 341.
[15] Cfr. C. FRANCHINI (1998), Mito e realtà delle autorità amministrative indipendenti, 35.
[16] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 277.
[17] Cfr. M.D'ALBERTI (1995), Autorità indipendenti, 5.
[18] Cfr. V. CAIANIELLO (1997), Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, 354.
[19] Cfr. M. MANETTI (1997), Autorità indipendenti, 6.
[20] Ibidem.
[21] Ibidem.
[22] Ibidem.
[23] Cfr. C. MALINCONICO, Le funzioni amministrative delle autorità indipendenti, 39.
[24] Cfr. F. MERLONI (1997), Fortuna e limiti delle cosiddette Autorità amministrative indipendenti, 639-655.
[25] Cfr. C. FRANCHINI (1998), Mito e realtà delle autorità amministrative indipendenti, 35.
[26] Cfr. S. CASSESE (1996), Poteri indipendenti, Stati, relazioni ultrastatali, 7.
[27] Audizione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas presso la commissione X della Camera, nella seduta del 24 settembre 1997.
[28] Cfr. G. VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 277-295.
[29] Ibidem.
[30] Cfr. G. LONGO (1995), Note sulla cosiddetta <<indipendenza>> delle <<Authorities>> per i servizi di pubblica utilità, 677-684.
[31] Ibidem.
[32] Audizione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas presso la commissione X della Camera, nella seduta del 24 settembre 1997.
[33] Cfr. F.P.GRIFFI (1996), Tipi di autorità indipendenti, 26.
[34] Commissioni V, VI, e X, della camera dei Deputati, risoluzione approvata il 29 luglio 1993.
[35] Ibidem.
[36] Ibidem.
[37] Disegno di legge di iniziativa governativa n.2579 "Delega per l'istituzione di agenzie per i servizi pubblici".
[38] Presentato dal Ministro del tesoro nell’autunno del 1992.
[39] Predisposto dal Ministro del tesoro e approvato dal Governo nell’aprile 1993.
[40] Proposta di legge "Strada" ed altri n.C/2258.
[41] Cfr. S. CASSESE (1995), La nuova costituzione economica, 56.
[42] Composto di sette articoli, il disegno di legge iniziale istituiva un’unica Agenzia di regolazione, suddivisa in tre aree operative (poste e telecomunicazioni, trasporti, energia e acqua). L’Agenzia era composta da un presidente e due membri, nominanti d’intesa dai presidenti delle due assemblee parlamentari, con mandato quinquennale rinnovabile una sola volta; veniva dotata di un organico di 200 unità; le spese di funzionamento erano poste a carico del bilancio pubblico. Il Governo si riservava la facoltà di attribuire all’Agenzia la prerogativa di individuare quali servizi di pubblica utilità prodotti dai settori indicati potessero essere soggetti a regolazione. Le sue funzioni erano molto estese: i poteri diretti riguardavano non solo la materia tariffaria, ma anche, con diversa intensità, le concessioni, le autorizzazioni, gli standard di servizio, la vigilanza e l’accesso, le segnalazioni e i pareri de jure condendo, la rappresentanza dello Stato nei rapporti con la Commissione europea relativamente alla disciplina comunitaria dei settori regolati.
[43] L’iter di formazione della legge istitutiva dell’Autorità si è snodato attraverso quattro passaggi parlamentari: dalla presentazione del disegno di legge al Senato della Repubblica l’1 giugno 1994 fino sua definitiva approvazione alla Camera dei deputati il 9 novembre 1995.
[44] Cfr. C. FRANCHINI (1998), Mito e realtà delle autorità amministrative indipendenti, 72-73.
[45] Cfr. A. PREDIERI (1997), L'erompere delle autorità amministrative indipendenti, 8
[46] Cfr. S. CASSESE (1995), La nuova costituzione economica, 26-27.
[47] Relazione al disegno di legge, Cavazzuti ed altri, n.359.
[48] Cfr. L. DELLI PRISCOLI (1998), Asimmetrie e funzioni delle authorities nel processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni, 493.
[49] Cfr. G. LONGO (1995), Note sulla cosiddetta <<indipendenza>> delle <<Authorities>> per i servizi di pubblica utilità, 677-684.
[50] Cfr. Autorità per l'energia elettrica e il gas (1998), Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 43.
[51] Cfr. Delibera n.44/97.
[52] Cfr. Delibera n.5/96.
[53] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 278.
[54] Delibera n.61/97.
[55] Cfr. F. GIGLIONI (1998), Nuovo governo del settore energetico e riflessi sul rapporto tra giudice dell'amministrazione e pubblica amministrazione, 84.
[56] Cfr. G. ROSSI (1997), Il conflitto di obiettivi nell'esperienza decisionale delle autorità, 35.
[57] Ibidem.
[58] Cfr. Autorità per l'energia elettrica e il gas (1998), Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 67.
[59] Cfr. F. GIGLIONI (1998), Nuovo governo del settore energetico e riflessi sul rapporto tra giudice dell'amministrazione e pubblica amministrazione, 84.
[60] Cfr. Autorità per l'energia elettrica e il gas (1998), Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 34-67.
[61] Pubblicata a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[62] Cfr. R. PEREZ (1997), Informazione e autorità indipendenti, 641.
[63] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 279.
[64] Cfr. R. PEREZ (1997), Informazione e autorità indipendenti, 641-662
[65] Ibidem.
[66] Cfr. M. CLARICH (1998), L'attività delle autorità indipendenti in forme semicontenziose, 149-177.
[67] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 283.
[68] Cfr. A. PAJANO (1996), L'esercizio di attività in forme contenziose, 107-146.
[69] Cfr. M. CLARICH (1998), L'attività delle autorità indipendenti in forme semicontenziose, 149-177.
[70] Ibidem.
[71] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 284.
[72] Cfr. M. CLARICH (1998), L'attività delle autorità indipendenti in forme semicontenziose, 157.
[73] Ibidem.
[74] Cfr. S. CASSESE (1995), La nuova costituzione economica, 67-89.
[75] Ibidem.
[76] Cfr. C. MALINCONICO, Le funzioni amministrative delle autorità indipendenti, 39
[77] Ibidem.
[78] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 284-287.
[79] Cfr. E. FAZZALARI (1997), Attività contenziose e garanzie giurisdizionali, 79-84.
[80] Cfr. Autorità per l'energia elettrica e il gas (1998), Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 201-212.
[81] Ibidem.
[82] Ibidem.
[83] Ibidem.
[84] Cfr. S. CASSESE (1997), La disciplina del mercato dell'elettricità, 753.
[85] V. CAIANIELLO (1997), Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, 341.
[86] Ibidem.
[87] Cfr. S. CASSESE (1997), La disciplina del mercato dell'elettricità, 751.
[88] Cfr. C. MALINCONICO, Le funzioni amministrative delle autorità indipendenti, 39.
[89] Cfr. G. DE VERGOTTINI (1996), L'autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, 284-287.
[90] Cfr. F. GIGLIONI (1998), Nuovo governo del settore energetico e riflessi sul rapporto tra giudice dell'amministrazione e pubblica amministrazione, 84.