La disciplina comunitaria e
liberalizzazione delle fonti e dei produttori di energia
a cura del Dott. Aloise Maurizio
In Europa la
liberalizzazione dei mercati si è accompagnata alla definizione di un insieme
di principi e di regole espressamente diretti a dare concreto sostegno allo
sviluppo di meccanismi concorrenziali. A tal fine negli ultimi anni è avvenuto
in moltissimi Paesi comunitari un profondo ripensamento del ruolo
dell'intervento pubblico nei diversi settori economici, tra i quali,
indubbiamente quello dell'energia[1]. Come è stato osservato in
dottrina, nell'ambito dei processi di liberalizzazione possono inquadrarsi
anche i processi di privatizzazione delle imprese pubbliche cosicché può,
forse, affermarsi che la liberalizzazione dei mercati ha quindi condotto alla
privatizzazione delle imprese[2].
Di certo, la liberalizzazione è lo strumento necessario per garantire lo
svolgimento delle attività economiche secondo le regole della concorrenza e del
mercato poiché le restrizioni alla parità di accesso delle imprese alle attività
economiche non consentirebbe la realizzazione effettiva di un mercato interno.
Inoltre, l'intervento pubblico dovrebbe limitarsi alla produzione di regole in
grado di sviluppare competitività, occupazione, innovazione garantendo, nel
contempo, la sicurezza e l'affidabilità dell'offerta dei servizi, in
particolare per quei servizi da sempre considerati di pubblica utilità o di
interesse generale tanto da essere sottoposti a riserva originaria di legge[3].
Questo in estrema sintesi il quadro generale in cui è possibile inquadrare la
disciplina comunitaria in materia energetica giacchè, gli attuali sviluppi
della disciplina comunitaria, a ben vedere, si muovono sulla convinzione che la
liberalizzazione e l'internazionalizzazione dei servizi di pubblica utilità
costituiscano una condizione necessaria per fare sì che gli operatori nazionali
siano inseriti in un regime concorrenziale cosicché siano incentivati a
raggiungere quegli standard di efficienza tecnica, organizzativa e commerciale[4]
che in ultima analisi si traducono in garanzia di efficienza del servizio
pubblico[5].
Sotto un diverso aspetto, a livello comunitario, il processo di
liberalizzazione in corso, considerato tanto in riferimento al settore
energetico quanto in riferimento ad altri settori dell'economia pubblica, sta
assumendo un ruolo diverso in relazione alle esigenze di tutela del consumatore
che da soggetto passivo di tutela sta divenendo soggetto attivo di diritti il
cui esercizio permette di svolgere un ruolo dinamico nei rapporti economici che
instaura. Del resto la stessa legge n.481/1995 assegna all'Autorità il compito
di promuovere nell'ambito del settore energetico la tutela degli interessi dei
consumatori nel rapporto con i soggetti erogatori del servizio di fornitura.
Tali interessi, contribuiscono ad incidere, infatti, sulle caratteristiche del
servizio che deve svolgersi secondo le regole del mercato[6].
Di conseguenza, a livello comunitario ci si è preoccupati di approntare
adeguati strumenti che fossero idonei ad evitare non solo l'abuso del
monopolista ma anche la possibilità di intese collusive tra i gestori delle
reti[7].
Una particolare attenzione è stata rivolta, infatti, anche al fine di evitare
che l'influenza di una maggiore concorrenza possa risultare significativamente
ridotta per effetto di un restrittivo uso del potere di mercato detenuto dalle
imprese in posizione dominante nei settori dell'energia. Ciò in quanto, perché
la concorrenza operi e i vantaggi siano trasferiti all’utenza occorre che
l’accesso alla rete sia libero, e a tal fine ben regolato e che il distacco dal
regime monopolistico avvenga seguendo una liberalizzazione graduale, ma allo
stesso tempo sufficientemente veloce da suscitare le necessarie decisioni di
entrata e di investimento da parte dei nuovi soggetti, in un clima di certezza
e di regole trasparenti[8].
Nei
paragrafi seguenti saranno partitamente analizzate le principali disposizioni
normative comunitarie relative al settore dell'energia elettrica e del gas dopo
un breve sguardo alla politica
comunitaria che le ha sorrette.
Il
settore dell'energia elettrica.
Dato
il suo carattere strategico, quello dell'energia elettrica è stato uno dei
primi e più importanti settori in cui gli Stati membri delle Comunità Europee
(oggi Unione Europea) anno sentito il bisogno di raggiungere l'armonizzazione
delle normative nazionali nell'ambito, peraltro, del processo di completa
integrazione europea[9]. Del resto,
l'energia non solo costituisce da sempre un'area ed un settore cruciale dei
vari ordinamenti per la sua intrinseca attitudine ad incidere sulla vita
economica di una nazione[10],
ma è "chiamata a giocare un ruolo di primaria importanza nell'attuazione
del processo di unificazione europea"[11].
Nell'attuale
scenario del mercato internazionale i servizi energetici, che per alcuni
comparti produttivi presentano un’incidenza elevata sul costo globale di
produzione e che in generale, almeno per quanto riguarda il servizio elettrico,
sono insostituibili, non solo hanno peso nella competizione dei settori
utilizzatori ma sono essi stessi pervasi da un'ondata competitiva assolutamente
nuova. L'importanza della politica energetica a livello comunitario è, inoltre,
dovuta anche all'attenzione progressivamente volta dai vari Paesi dell'Unione
alla soluzione di problemi come l'inquinamento, l'uso razionale delle risorse,
la sua produzione più efficiente, che si presentano oggi all'attenzione delle
comunità nazionali ed internazionale[12].
Ma
gli odierni sviluppi dell'Unione Europea (UE) con l'attuazione dell'Unione
economica e monetaria (UEM) dal 1° gennaio 1999 hanno generato in tutti i
sistemi nazionali un duplice trade off, rispetto all'esigenza di continuare a
garantire un certo margine operativo per le politiche economiche nazionali[13].
Non si può negare un certa difficoltà nel recepire gli aspetti
"qualitativi" del modello economico e sociale delineato dal Trattato
di Maastricht, soprattutto per quanto riguarda la cultura del mercato e della
concorrenza, nonché la capacità di rispettare le regole comuni. Da tale punto
di vista, in molti ambiti cruciali (come quello del settore elettrico), nel
nostro Paese, il mercato e la concorrenza stentano a decollare, con
penalizzazioni rispetto alla situazione prevalente nei principali partner[14].
Come
avverte l'Autorità per l'energia elettrica e il gas[15],
la liberalizzazione e riorganizzazione del settore elettrico richiedono
decisioni che, nella prospettiva di integrazione europea dei mercati nazionali,
aumentino la competitività del sistema elettrico nazionale e assicurino un
quadro di regole tali da garantire l'universalità, la qualità e la sicurezza
del servizio. Ciò richiede che anche in un servizio elettrico liberalizzato e
aperto alla concorrenza, le funzioni di indirizzo e programmazione rimangano
affidate al Parlamento, al Governo e alle amministrazioni centrali e locali,
anche per quanto riguarda la salvaguardia della sicurezza del sistema
energetico e la politica di approvvigionamento delle fonti energetiche
primarie.
Secondo
una parte della dottrina[16],
la volontà di delineare con un certo rigore le linee di programma e gli
obiettivi della politica energetica comunitaria ha assunto sempre più i
connotati della politica sociale a discapito della preferenza ai valori
prettamente economicistici inizialmente evidenziati nelle previsioni dei
Trattati europei.
In
realtà, occorre ricordare che nel sistema comunitario mentre i due Trattati,
rispettivamente istitutivi della CECA e della CEEA, erano specificamente
rivolti a regolare altrettanti settori energetici (quello carbosiderurgico e
quello dell'energia nucleare), all'interno del Trattato istitutivo della CEE,
volto a costituire la base della successiva integrazione comunitaria, nessuna
disposizione era dedicata, nel quadro degli obiettivi di generale
liberalizzazione degli scambi, alla produzione e alla distribuzione
dell'energia nell'area comunitaria ovvero all'attribuzione di specifiche
competenze in materia alle istituzioni della Comunità[17].
Ciò, molto probabilmente, si spiega in ragione del fatto che all'epoca in cui
il fu stipulato il Trattato, le crisi energetiche mondiali non avevano ancora
rivelato la debolezza dei sistemi basati sulle importazioni petrolifere, nè la
sostanziale interdipendenza dei vari settori energetici[18].
I primi atti formali, con cui la Comunità abbandonò l'iniziale atteggiamento
per il coordinamento delle politiche energetiche dei singoli Stati per assumere
un ruolo più incisivo, furono emanati in forza dell'art.308 (ex art.235) del
Trattato CE che riconosce alla comunità i poteri necessari[19]
al raggiungimento, nel funzionamento del mercato comune, degli scopi della
Comunità stessa in materie, come quella dell'energia, per le quali Trattato non
attribuisce agli organi comunitari specifici poteri di azione[20].
Nell'ambito
delle disposizioni sulla libera circolazione delle merci, cui può ricondursi la
disciplina degli scambi di prodotti energetici fra gli Stati membri, la
posizione di norme dirette a garantire la libera concorrenza fra le imprese
operanti nel mercato comune, ivi comprese, quindi, anche quelle produttrici e
distributrici di energia elettrica, si è avuta attraverso un altro importante
strumento normativo. Ci si riferisce allo strumento di intervento di cui
all'art.100 Trattato CE, che attribuisce al Consiglio, su delibera adottata
all'unanimità, il potere di stabilire direttive volte al ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri
che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione e sul funzionamento del
mercato comune[21].
L'Atto
Unico Europeo (AUE) del 1986, sebbene non contenendo a sua volta esplicite
norme dirette a regolare la materia dell'energia, ha contribuito ad accrescere
l'incidenza e le prospettive di ampliamento della normativa comunitaria ad essa
relativa poichè, nel quadro degli obiettivi di realizzare, secondo la
definizione dell'art.8A, comma 2, Trattato CEE, la creazione di uno spazio
senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle
merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, ha incoraggiato la Commissione
ad intensificare gli interventi per la realizzazione del mercato interno[22].
Il dibattito sull'ampiezza di tali poteri si è vivacizzato quando la
Commissione, nel documento COM (88) 238 def., del 2 maggio 1988, rubricato
"Il mercato interno dell'energia", constata la permanenza di molti
monopoli che impedivano la realizzazione del mercato interno, espresse
l'intenzione di avvalersi dei poteri riconosciutigli dall'art.86 Trattato CE
che dopo aver stabilito, al primo comma,
il principio dell'illegittimità di diritti speciali o esclusivi, al secondo
comma ne ammette la deroga per le imprese incaricate della gestione di servizi
di interesse economico generale quando l'applicazione delle norme del Trattato
impedirebbe l'adempimento della specifica missione loro affidata. In tal caso,
infatti, il terzo comma assegna alla Commissione il compito di vigilare sulla
corretta applicazione delle disposizioni dell'articolo in esame dandole il
potere di emanare direttive e decisioni allo scopo di impedire abusi nel porre in
essere le scelte in questione.
La
tendenza all'ampliamento dei poteri della Comunità al fine di potenziarne
l'azione in materia di energia rimase, in un certo senso, contenuta nel
Trattato di Maastricht che, come è noto, nei settori che non sono di esclusiva
competenza della Comunità, e dunque anche nel settore energetico, riconosce alla Comunità il potere di
intervenire secondo il principio della sussidiarietà (soltanto se e nella
misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere realizzati
dagli Stati membri a motivo della dimensione degli effetti dell'azione) e della
proporzionalità (secondo cui l'azione medesima non può andare oltre quanto
necessario per il raggiungimento degli obiettivi del Trattato). Ma per ciò che
specificamente attiene alla politica energetica, il crescente interesse verso
l'armonizzazione delle discipline nazionali ha portato il Consiglio europeo,
consapevole della centralità della politica energetica nel conseguimento
dell'obiettivo del completamento del mercato interno fissato per il 1992,
all'adozione di una risoluzione (del 16 settembre 1986)[23]
nella quale, espressamente, si evidenzia la necessità di una "maggiore
integrazione del mercato interno dell'energia liberato dagli ostacoli agli
scambi, al fine di migliorare la sicurezza di approvvigionamento, di ridurre i
costi e di rinforzare la competitività". In seguito al trattato di Maastricht,
tuttavia, l'azione della Comunità ha potuto intensificarsi grazie alla
previsione, contenuta all'art.3, lett. t) Trattato CE, secondo la quale la
Comunità adotta diverse "misure in materia di energia" con speciale
riferimento all'incentivazione della creazione e dello sviluppo delle reti
transeuropee" (lett.n). Un'ulteriore spinta nella stessa direzione è derivata,
infine, dalla politica ambientale che si è mostrata, concretamente idonea ad incidere, ancorchè indirettamente,
sulla materia energetica.
Va
però considerato che nel contesto comunitario l'energia elettrica assume una
duplice rilevanza: sul piano strumentale essa condiziona ampiamente quasi rutti
i processi produttivi; sul piano finale essa costituisce, comunque, un vasto e
rilevante mercato. Sotto quest'ultimo aspetto, l'azione della politica
energetica comunitaria ha trovato sbocco in tutta una serie di disposizioni,
riguardanti l'energia elettrica come bene finale di consumo, volte alla
realizzazione del mercato interno. Se, dunque, all'energia come bene finale
possono riferirsi tutte le disposizioni relative la mercato interno, il mercato
europeo dell'energia deve essere necessariamente concorrenziale onde consentire
che all'energia, intesa sia come bene che come servizio, di circolare
liberamente. In via di principio, pertanto, la normativa comunitaria ha cercato
di superare tutti gli ostacoli incompatibili con il mercato interno, ovvero
tutti i monopoli legali o di fatto, i diritti speciali, le limitazioni
quantitative e soggettive al commercio, le determinazioni autoritative dei
prezzi, la scarsa trasparenza dei costi e delle tariffe, le integrazioni
verticali societarie. Recentemente, la Corte di Giustizia della Comunità
europea[24]
ha ribadito che deve ritenersi pacifica nel diritto comunitario, come
d'altronde nei diritti nazionali, la qualificazione dell'energia come una merce
ai sensi dell'art.30 Trattato pur riconoscendo la specificità della materia[25].
Ma
il problema fondamentale per la creazione di un mercato interno alla Comunità,
come è intuibile, per quel che riguarda l'energia elettrica, rimane il fatto
che questa forma di energia per viaggiare ha sempre bisogno di uno stabile
supporto fisico: il conduttore. Quindi, più precisamente, la creazione di un
mercato interno, trattandosi di una fonte che viene scambiata per mezzo di un
sistema infrastrutturale a rete, ha incontrato notevoli ostacoli a causa della
servitù che questi inevitabilmente comportano, del regime amministrativo di
tali impianti che è tipico di ciascuno Stato membro, delle caratteristiche
tecniche sia dell'impianto che della fonte che esso trasporta le quali possono
essere sottoposte a normative diverse.
Del
resto, l'apertura alla concorrenza dei mercati energetici è il risultato di un
processo che si è sviluppato molto lentamente ed i cui principi cardine, a
livello di disciplina nazionale e comunitaria, sono da ricercarsi nell'ambito
dei concetti di autonomia della gestione della rete e nella la distinzione tra
funzioni gestionali e responsabilità regolamentari[26].
Da ciò l'esigenza di separazione, almeno contabile tra le attività in monopolio
legale e quelle in concorrenza che ha portato all'affermazione del principio di
"libero" accesso dei terzi alle reti di distribuzione dell'energia[27].
Il che implica, almeno per un parte rilevante dei consumatori di energia
elettrica e di gas, la possibilità di accedere alla rete distributiva
scegliendo il fornitore che offre le condizioni migliori in un regime di libera
concorrenza[28].
A
tal fine, onde consentire a più soggetti produttori di servirsi della stessa
rete per distribuire il loro prodotto agli utenti finali, oppure a soggetti
distributori che a loro volta riforniranno gli utenti finali, è stato creato il
concetto del common carrier, ossia del trasporto comune, al quale si è fatto
sovente riferimento nella documentazione ufficiale degli organi comunitari in
materia di energia elettrica fin dalla pubblicazione del documento di lavoro
COM (88) 238 def., del 2 maggio 1988, di cui si è detto. La figura del common
carrier, dal punto di vista giuridico, si fonda sulla previsione dell'obbligo
imposto al titolare o all'esercente di una rete di trasporto di energia
elettrica, di assicurare il trasporto, verso gli utilizzatori, della fonte di
energia prodotta da terzi, naturalmente dietro corrispettivo. Per questo motivo
nei paesi di common low, ispirati al regime liberistico del mercato, si
preferisce esprimere lo stesso concetto con il termine third party access
(TPA), per sottolineare che con questo sistema, largamente accolto in tali
paesi, si consente al consumatore di scegliere il proprio fornitore ponendo le
varie imprese produttrici in concorrenza fra di loro[29].
Viceversa,
nel diritto amministrativo dei Paesi ad economia mista (come l'Italia e la
Francia) l'approccio che si predilige è quello dell'acquirente unico (AU) di
tutta l'energia prodotta o importata, fondato sulla soppressione del monopolio
della produzione e sulla creazione di un intermediario tra produttori di
energia e utenti e che, per quanto riguarda l'accesso alla rete, deve
consentire a chiunque ne faccia richiesta di avvalersi dell'infrastruttura[30].
In tal modo si consente la conservazione della qualificazione di servizio
pubblico per ciò che attiene alla distribuzione, la conservazione della
presenza di un soggetto coordinatore che pianifichi la produzione, la garanzia
che la produzione si svolga in regime di concorrenza e la possibilità di
regolare le importazioni e le esportazioni anche dopo la soppressione dei
monopoli elettrici[31].
Ma
le numerose iniziative normative intraprese a livello comunitario, al fine di
dettare norme comuni per un mercato interno dell'elettricità, nonché i recenti
dibattiti sulla liberalizzazione del settore energetico, hanno accompagnato la
definizione del processo di liberalizzazione del mercato dell'energia (da
attuarsi, come è noto, attraverso le tre fasi prospettate dalla Commissione
europea), che nella terza ed ultima fase dovrebbe comportare il completamento
della liberalizzazione del settore dell'energia basato sulla concorrenza
nell'ambito della produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia[32].
Reso difficile dall'esigenza di conciliare la simultanea introduzione di
diversi sistemi e l'obiettivo di raggiungere una posizione comune in tema di
liberalizzazione del settore elettrico, il cammino verso l'armonizzazione delle
discipline nazionali è passato attraverso
diverse previsioni normative adottate dagli organi comunitari. I
principali atti normativi emanati dalla comunità nel corso del lento processo
di avvicinamento al mercato unico dell'energia hanno interessato diversi
aspetti della disciplina del mercato dell'energia: dalla trasparenza dei prezzi
al transito dell'energia elettrica e del gas nelle grandi reti transeuropee;
dalle norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica alla
disciplina degli appalti e delle relative procedure in materia; tutte orientate
verso l'obiettivo di migliorare l'efficienza complessiva del settore elettrico
mediante la promozione della concorrenza nella generazione e una diversa
organizzazione dell'attività di trasmissione.
Per
garantire la trasparenza dei prezzi praticati ai consumatori finali di
elettricità e gas, sul presupposto che la trasparenza può contribuire ad
eliminare possibili discriminazioni applicate nei confronti dei consumatori
favorendo la libera scelta tra fonti di energia e fornitori, la direttiva del
Consiglio europeo [33]
90/377/CEE[34] ha predisposto
un sistema di comunicazione semestrale all'Eurostat, da parte delle imprese
fornitrici, dei prezzi e delle condizioni di vendita ai consumatori industriali
di energia elettrica. Come è stato rilevato dalla dottrina[35],
più che un sistema meramente conoscitivo, quello predisposto dal legislatore
europeo voleva essere uno strumento di pressione indiretta sulle imprese e
sugli Stati per l'eliminazione di elementi impropri (quale ad esempio gli aiuti
di Stato, vietati dall'art.87 ex art.92 Trattato CEE) dalla composizione delle
tariffe, con la conseguenza di rendere almeno qualitativamente omogenee e
competitive sul mercato le imprese del settore. A tale direttiva si è
affiancato nel 1992, con lo stesso fine di omogeneità, il regime comune dei
diritti di accise sugli oli minerali disciplinato dalle direttive del consiglio
92/81/CEE e 92/82/CEE.
A
conferma, però, delle difficoltà con cui è proseguita l'armonizzazione dei
sistemi nazionali, appare interessante richiamare i primi risultati riportati
nella relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento e al CES, del 16
dicembre 1993, sull'applicazione della direttiva 90/377/CEE, che sottolineano
la persistenza di divergenze considerevoli tra i prezzi praticati nei vari
Stati membri.
II
sistema di trasparenza dei prezzi, cosi come delineato dalle disposizioni
comunitarie, si limita, infatti, a consentire una semplice opera di
monitoraggio, mentre si è mostrato scarsamente incisivo in ordine
all'armonizzazione delle tariffe vigenti sottesa all'emanazione della direttiva
medesima.
Grande
importanza, in quanto può considerarsi in qualche modo preliminare, se non
addirittura strumentale, all'introduzione del common carrier e quindi delle
norme sull'apertura del mercato dell'elettricità, assume poi la direttiva
90/547/CEE[36] concernente
il diritto di transito dell'energia elettrica sulle grandi reti transeuropee.
Con tale direttiva, a cui seguirà per il settore del gas la direttiva
91/296/CEE[37] (alla quale
sarà dedicato il prossimo paragrafo), si è fatto obbligo al gestore nazionale
di una rete interconnessa (cioè collegata con le reti degli stati confinanti)
di consentire a un altro gestore comunitario di attraversare la sua rete per
importare o esportare energia elettrica da o verso un terzo paese anche
estraneo alla comunità. Con tale provvedimento, al fine di garantire
l'approvvigionamento ottimale di energia elettrica di tutte le regioni della
Comunità e la necessità di assicurare la sicurezza dell'approvvigionamento, il
legislatore comunitario perseguiva l'obiettivo di incrementare gli scambi di
energia a costi inferiori onde far fronte al costante aumento del consumo di
energia nei paesi della comunità[38].
Le
disposizioni più interessanti di tale direttiva si incontrano nell'art.3, ove è
previsto che le condizioni di transito negoziate nei relativi contratti debbano
essere eque e non discriminanti per tutte le parti interessate; inoltre, che
tali contratti non debbano contenere disposizioni abusive o restrizioni
ingiustificate dell'approvvigionamento e della qualità del servizio.
La
direttiva precisa che nel proprio ambito rientra ogni operazione di trasporto
di elettricità che si svolga lungo le grandi reti ad alta tensione ed abbia
origine e/o destinazione finale nel territorio comunitario, attraversando
almeno una frontiera comunitaria: in concreto, per poter rientrare nella
previsione normativa in questione, il transito deve avvenire in maniera tale
che almeno uno tra i due paesi acquirente e alienante sia membro della
Comunità. A garanzia del risultato voluto è previsto, sempre nell'art. 3, che
il titolare della rete su cui viene richiesto il transito (onde evitare
illecite autoesclusioni, è stato accluso alla direttiva un elenco nominativo
degli enti, pubblici o privati sottoposti alla disciplina sul transito, elenco
che viene periodicamente aggiornato con decisione della commissione) sia tenuto
a darne tempestiva notizia alle autorità nazionali (in Italia al MICA) e alla
Commissione europea, ad aprire i negoziati con il richiedente e, nel caso in
cui questi non abbiano avuto successo nel tempo di un anno dalla richiesta, ad
informare le autorità nazionali e la Commissione delle ragioni dell'insuccesso.
Quale norma di chiusura è prevista la possibilità che la Commissione, trovando
inconsistenti o insufficienti i motivi addotti per rifiutare il transito, ponga
in essere "i provvedimenti previsti dal diritto comunitario", ossia
quelli previsti dall'art. 226 (ex art. 169) Trattato CE (intimazione a
desistere e successivo ricorso alla corte di giustizia) con l'addebito di un
abuso di posizione dominante ai sensi dell'art. 82 (ex art. 86) Trattato CE. É
chiaro che non siamo in presenza di un obbligo di contrarre, ma di un obbligo
di prestarsi al negoziato e di svolgerlo a condizioni ragionevoli, osservando
le regole di buna fede e correttezza stabilite dall'art.1337 c.c. e le
condizioni prestabilite[39].
Per quanto riguarda l'obbligo di buona fede e correttezza, la sua previsione,
più che opportuna, nasce dall'esigenza di ovviare ai dubbi che sarebbero potuti
sorgere se l'unico appiglio normativo per obbligare il titolare della rete a
trattare fosse stato il divieto di abuso di posizione dominante[40].
Con riguardo all'obbligo di osservare le condizioni prestabilite la disciplina
comunitaria prevede un duplice controllo: sulle condizioni di transito
predisposte dagli enti interessati e sul motivo del mancato accordo sul
transito posto che l'ente deve motivare le ragioni del dissenso[41].
Del resto le condizioni sul transito sono sindacabili e conciliabili per mezzo
di una procedura di conciliazione che, come si legge nei considerando, non ha
efficacia giuridica vincolante ma può portare all'adozione di provvedimenti
previsti dal diritto comunitario in tema di abuso di posizione dominante se i
motivi del mancato accordo su una richiesta di transito sono ritenuti
ingiustificati o insufficienti[42].
Per quanto riguarda il recepimento di questa direttiva nell'ordinamento
interno, la legge comunitaria per il 1991, in considerazione dell'esistenza di
un unico destinatario, cioè 1'ENEL, ente strumentale dello stato soggetto al
potere di indirizzo del ministro dell'industria, ha previsto un decreto
ministeriale[43] che
impartisse all'ENEL direttive e disposizioni vincolanti affinché si conformasse
alla disciplina comunitaria. Il decreto ministeriale emanato dal Ministro
dell'industria il 26 giugno 1992 si limita a nominare ente responsabile l'ente
e autorità nazionale interessata il ministero dell'industria.
Al
fine stabilire un insieme di orientamenti relativi alle reti transeuropee nel
settore dell'energia è stata successivamente adottata dal Parlamento europeo e
dal consiglio la Decisione n.1254/96/CE del 5 giugno 1996[44]
nei cui considerando si legge "che, per le sue caratteristiche specifiche,
l'energia deve essere prodotta, distribuita e utilizzata il più razionalmente
possibile nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile, senza ostacolare o
ritardare in alcun modo la capacità di valorizzazione delle risorse energetiche
rinnovabili nelle regioni interessate". A tal fine la costituzione e lo
sviluppo di reti transeuropee nel settore dell'energia contribuiscono a
realizzare importanti obiettivi comunitari quali la realizzazione del mercato
interno e il rafforzamento della coesione economica e sociale accrescendo
l'affidabilità e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico della Comunità
nonché consentendo il funzionamento equilibrato del mercato interno
dell'energia e l'aumento della competitività della Comunità.
Per
accelerare lo sviluppo delle interconnessioni delle reti di trasporto dell'elettricità
e del gas naturale nella Comunità, particolarmente nelle zone dove occorre
rafforzare le reti o nelle regioni ancora isolate, e dunque consentire il
completamento del mercato interno dell'energia si è ritenuta necessaria
l'adozione di iniziative nel quadro di una strategia energetica globale che non
solo specifichi i principali criteri e obiettivi della Comunità in tale
settore, ma inoltre definisca più in particolare le condizioni per la
liberalizzazione del mercato dei prodotti energetici, la Decisione definisce la
natura e la portata dell'azione comunitaria di orientamento in materia di reti
transeuropee dell'energia e stabilisce un insieme di orientamenti concernenti
gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni della Comunità nel
settore delle reti transeuropee dell'energia. Tali orientamenti individuano
progetti di interesse comune nelle reti transeuropee di elettricità. In tal
modo la Comunità intende favorire l'interconnessione, l'interoperabilità e lo
sviluppo delle reti transeuropee dell'energia nonché l'accesso a queste reti,
conformemente al diritto comunitario vigente, al fine di:
-
consentire l'effettiva realizzazione del mercato interno in generale e in
particolare del mercato interno dell'energia, incoraggiando nel contempo la
produzione, la distribuzione e l'utilizzazione razionali delle risorse
energetiche nonché la valorizzazione delle risorse rinnovabili, al fine di
ridurre il costo dell'energia per il consumatore e rendere l'economia europea
più competitiva;
-
facilitare lo sviluppo e l'uscita dall'isolamento delle regioni meno favorite,
contribuendo così al rafforzamento della coesione economica e sociale;
-
rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, anche mediante
l'approfondimento delle relazioni con i paesi terzi in materia di energia, nel
reciproco interesse, in particolare nel quadro della Carta dell'energia nonché
degli accordi di cooperazione conclusi dalla Comunità.
Nell'intento
di creare un insieme di azioni volte a creare un contesto più favorevole allo
sviluppo delle reti transeuropee nel settore dell'energia, il Consiglio ha
adottato un altro provvedimento, la Decisione 96/391/CE del 28 marzo 1996[45],
con il quale si è voluto favorire la creazione di un contesto più favorevole
allo sviluppo delle reti transeuropee dell'energia
attraverso:
-
la realizzazione di progetti di cooperazione tecnica tra gli enti responsabili
delle reti transeuropee dell'energia che partecipano al buon funzionamento
delle interconnessioni europee di cui all'articolo 2 della decisione n.
1254/96/CE;
-
la cooperazione tra gli Stati membri mediante consultazioni reciproche al fine
di agevolare l'attuazione delle procedure di autorizzazione di progetti in
materia di reti transeuropee dell'energia onde ridurre i tempi.
Infine,
per completare il quadro di insieme della disciplina comunitaria del settore
dell'energia elettrica occorre fare menzione della Decisione 98/181/CE, CECA e
EURATOM del Consiglio e della Commissione, del 23 settembre 1997, concernente
la conclusione da parte delle Comunità europee del trattato sulla Carta
dell'energia e del protocollo della Carta dell'energia sull'efficienza
energetica e sugli aspetti ambientali correlati.
Come
è noto, al Consiglio europeo di Dublino (giugno 1990) il primo ministro dei
Paesi Bassi aveva suggerito di instaurare una cooperazione nel settore
dell'energia con i paesi dell'Europa orientale e dell'ex Unione sovietica per
accelerare la loro ripresa economica e migliorare la sicurezza
dell'approvvigionamento della Comunità[46].
La Commissione, che era stata invitata dal Consiglio a studiare le modalità
migliori per attuare questa cooperazione, ha proposto nel 1991 l'idea di una
Carta europea dell'energia. I negoziati concernenti questa carta sono stati
avviati a Bruxelles nel luglio del 1991 e sono terminati con la firma di un
documento conclusivo a L'Aia il 17 dicembre 1991. I 51 firmatari della Carta
europea dell'energia si sono impegnati a perseguire gli obiettivi e rispettare
i principi della carta nonché ad attuare la loro cooperazione nel quadro di un
accordo di base giuridicamente vincolante, diventato il Trattato sulla Carta
dell'energia, destinato a promuovere la cooperazione industriale est-ovest
prevedendo garanzie giuridiche in materia di investimenti, transito e commercio.
Il trattato sulla Carta dell'energia e il protocollo sull'efficienza energetica
e sugli aspetti ambientali correlati sono stati firmati il 17 dicembre 1994 a
Lisbona da tutti i firmatari della Carta del 1991, ad eccezione degli Stati
Uniti e del Canada.
Il
trattato sulla Carta dell'energia e il protocollo della Carta dell'energia
sull'efficienza energetica e sugli aspetti ambientali correlati sono stati
approvati con la Decisione in esame
nella quale si precisino le modalità per stabilire la posizione che la Comunità
europea può essere tenuta a prendere nell'ambito della Conferenza della Carta
dell'energia e anche la posizione da prendere a nome della CECA e di EURATOM.
Il Trattato ha come obiettivo l'istituzione di un quadro giuridico per
promuovere una cooperazione a lungo termine nel settore dell'energia, basata
sui principi enunciati nella Carta europea dell'energia. Le disposizioni più
importanti del Trattato concernono la tutela degli investimenti, lo scambio di
materiali e prodotti energetici, il transito e la soluzione delle controversie.
Per quanto concerne gli investimenti realizzati, le parti contraenti devono
incoraggiare e creare condizioni stabili, favorevoli e trasparenti per gli
investitori stranieri e applicare agli stessi il trattamento della nazione più
favorita o il trattamento da essi concesso ai propri investitori, a seconda di
quale regime sia più favorevole. Per i preinvestimenti, il principio del
trattamento nazionale sarà applicato in due fasi. Conformemente al trattato, il
principio sarà applicato in un primo tempo secondo il principio dei
"migliori sforzi". In un secondo tempo, e fatte salve le condizioni
che saranno definite in un trattato aggiuntivo in corso di negoziazione, il
trattamento nazionale sarà accordato in modo giuridicamente vincolante per la
realizzazione di investimenti. Il commercio di materiali e prodotti energetici
tra le parti contraenti è disciplinato dalle disposizioni del GATT. Ciò
significa che i paesi firmatari del trattato sono obbligati ad applicare le disposizioni
del GATT al commercio di materiali e prodotti energetici anche se non sono
parte contraente del GATT, rispettivamente all'OMC.
In
materia di transito, la Carta dell'energia prevede che ciascuna parte
contraente adotti le misure necessarie per agevolare il transito di materiali e
prodotti energetici in conformità al principio della libertà di transito e
senza restrizione di origine, destinazione o proprietà di tali materiali e
prodotti energetici, senza discriminazioni di prezzo basate su tali distinzioni
e senza imporre ritardi, restrizioni o oneri non ragionevoli. Ciascuna parte
contraente, inoltre, si è impegnata a non applicare ai materiali e prodotti
energetici in transito disposizioni in materia di trasporto di materiali e
prodotti energetici e di utilizzo di infrastrutture di trasporto dell'energia
meno favorevoli di quelle applicate a materiali e prodotti provenienti dalla
propria area, salvo se altrimenti previsto in un accordo internazionale. Si fa
divieto, inoltre di interrompere o limitare il flusso di materiali e prodotti
energetici in caso di controversia sulle modalità di transito prima della
conclusione delle procedure di soluzione della controversia previste per tali
casi. Altre disposizioni obbligano i paesi attraverso i quali transitano i
materiali e i prodotti energetici a non opporsi alla creazione di nuove
capacità.
Il
trattato prevede procedure severe di soluzione delle controversie tra gli
Stati, da un lato, e tra gli investitori privati e lo Stato in cui
l'investimento è stato realizzato, dall'altro. In caso di controversia tra un
investitore e uno Stato, l'investitore può decidere di sottoporre la
controversia a una procedura di arbitrato internazionale. In caso di
controversia tra gli Stati, può essere costituito un tribunale arbitrale ad hoc
se una soluzione attraverso i canali diplomatici non ha avuto successo. Le
soluzioni delle controversie previste da questi meccanismi sono vincolanti.
Il
13 luglio 1998, il Consiglio ha adottato una nuova Decisione[47]
che approva il testo dell'emendamento delle disposizioni commerciali del
trattato sulla Carta dell'energia e l'applicazione provvisoria dello stesso,
concordato in sede di Conferenza della Carta dell'energia e di Conferenza
internazionale dei firmatari del trattato sulla Carta dell'energia. Importanti
novità contenute in tale Decisione riguardano le procedure di conciliazione in
materia di transito, giacchè nel testo di tale documento di legge che il
segretario generale nomina un conciliatore che gode o possa godere della fiducia
delle parti e che sia indipendente ed imparziale; che eviti conflitti di
interessi reali o apparenti; che rispetti le esigenze di riservatezza; che
conduca la procedura di conciliazione in modo da garantirne l'integrità e la
credibilità.
In
tale quadro normativo l’Unione europea, su impulso della Commissione, ha
fissato in modo sufficientemente chiaro, il percorso della liberalizzazione con
la direttiva comunitaria 96/92Ce recante norme comuni per il mercato interno
dell'energia elettrica, recepita nel nostro ordinamento con il Decreto
Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 recante norme comuni per il mercato interno
dell'energia elettrica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo
1999.
I
principi fondamentali fissati dalla direttiva comunitaria, alla quale sarà
dedicato l'esame in altra sede del presente lavoro, possono riassumersi in
breve:
-
nell'abolizione di ogni diritto esclusivo per la costruzione di nuovi impianti
di generazione e nella possibilità di scelta di ogni Stato tra una procedura di
appalto o di autorizzazione per la costruzione di nuovi impianti;
-
nella separazione gestionale e contabile delle singole fasi di produzione e
distribuzione al fine di garantire una chiara distinzione tra attività in
concorrenza (produzione e fornitura) ed in monopolio (trasmissione e
distribuzione);
-
nell'indipendenza di accesso alla rete e nell'apertura al mercato finale
dell'energia;
-
nell'introduzione degli obblighi di servizio pubblico diretti a garantire un
livello il più possibile uniforme di sicurezza e qualità del servizio, e di
tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale;
-
nell'attribuzione ad un'autorità della competenza per la risoluzione delle
controversie tra operatori del settore;
-
nella previsione di meccanismi di garanzia per evitare abusi di posizione
dominate e trattamenti preferenziali per le fonti rinnovabili.
Ciò
in quanto, l'attuazione della direttiva europea sul mercato interno
dell'energia elettrica si è presentata come l'occasione per la liberalizzazione
del settore in tempi ravvicinati e certi, e per la sua riorganizzazione con
l'obiettivo di stimolarne l'efficienza e la modernizzazione, nel rispetto dei
diritti del consumatore e della tutela ambientale. La liberalizzazione del
settore elettrico prevista dalla direttiva europea 96/92/CE, ha sostenuto
l'Autorità[48], richiede
decisioni che, nella prospettiva di integrazione europea dei mercati nazionali,
aumentino la competitività del sistema elettrico nazionale e assicurino un
quadro di regole tali da garantire l’universalità, la qualità e la sicurezza
del servizio.
L'industria
nazionale del gas naturale è stata per decenni,
fino al 1997, dominata, in tutte le fasi del processo produttivo (relative
all'approvvigionamento, al trasporto tramite gasdotti ad alta pressione, allo
stoccaggio e dispacciamento nella rete, alla distribuzione primaria alle utenze
finali e intermedie, alla distribuzione secondaria alle utenze finali civili)
dalla presenza dell'Eni (ente pubblico economico nel sistema anteriore alla
privatizzazione) operante in posizione dominante e di monopolio[49].
Nell'estrazione del gas la posizione dominante dell'Eni è derivata dalla
situazione di monopolio legale di cui la società pubblica ha goduto fino al
1997 nello sfruttamento per oltre quarant'anni dei giacimenti della Pianura
Padana e de del tratto di mare prospiciente[50].
Ma
specularmente all'energia elettrica, anche per il settore del gas il quadro
normativo appare destinato a mutare in seguito all'introduzione delle norme
comunitarie per il mercato interno che prefigurano un accesso generalizzato dei
terzi alla rete esistente, l'eliminazione dei monopoli legali nel trasporto e
nella fornitura di gas naturale, la creazione di un segmento di mercato formato
da clienti qualificati (liberi cioè di scegliere il proprio fornitore), la
determinazione in caso di tariffe regolamentate[51].
Con
l'approvazione della direttiva (91/296/CEE)[52]
del 31 maggio 1991 concernente il transito di gas naturale sulle grandi reti,
il Consiglio delle Comunità europee, riconoscendo la necessità di realizzare un
mercato interno unico nel settore dell'energia anche per quel che riguarda,
segnatamente, il settore del gas naturale, allo scopo di favorire alti livelli
di redditività, di compatibilità con l'ambiente e di sicurezza di
approvvigionamento attraverso la libertà degli scambi, senza inaccettabili
restrizioni della concorrenza, ha esortato gli Stati membri a prendere i
provvedimenti necessari per facilitare nel proprio territorio il transito del
gas naturale tra grandi reti di trasporto ad alta pressione. Ciò in quanto,
come si legge nei consideranda, l'incremento degli scambi di gas naturale tra
grandi reti favorirebbe la concertazione tra imprese di trasporto del gas
naturale (volta ad ottimizzare gli impianti di trasporto del gas naturale) e il
rispetto dell'obbligo relativo al transito del gas naturale sulle grandi reti.
Ciò, unitamente all'introduzione di un dispositivo di controllo a riguardo,
adeguato alle peculiarità del settore, consentirebbe secondo le previsioni
della Direttiva in esame, di ridurre gli ostacoli, nei casi in cui essi non
risultino dallo stato delle tecniche e delle reti, per la liberalizzazione. É
sorta, dunque, la necessità di porre delle regole in grado di garantire che le
condizioni del transito siano eque e non implicanti, direttamente o
indirettamente, disposizioni contrarie alle norme comunitarie sulla
concorrenza.
Anche
per il settore del gas, peraltro, diventa
necessario ravvicinare le disposizioni che sono state prese dagli Stati
membri e che influiscono sul transito del gas naturale al fine di dare
attuazione, come si legge nella direttiva, al mercato interno del gas naturale
nel segno della progressiva integrazione delle reti nazionali. In tale
contesto, la Comunità evidenzia come azioni specifiche in materia di
infrastrutture permetterebbero di accelerare il collegamento delle regioni
periferiche ed insulari della Comunità all'insieme della rete interconnessa,
anche se l'interconnessione delle grandi reti europee riguarda un territorio
geografico che non coincide con le frontiere della Comunità. Di conseguenza,
come per l'energia elettrica, anche per il gas è evidente la necessità di
favorire la cooperazione, in questo settore, tra i paesi terzi e la rete
europea interconnessa. In merito valgono anche per il gas le considerazioni
svolte in ordine alle disposizioni introdotte con la Carta dell'energia,
analizzata nel paragrafo precedente.
Tornando
alla direttiva in questione, essa specifica che per transito di gas naturale
tra grandi reti si intende ogni operazione di trasporto dal gas naturale
rispondente alle condizioni seguenti:
a)
che il trasporto sia effettuato dall'ente o dagli enti, che sono responsabili
in ciascuno Stato membro di una grande rete di gas naturale ad alta pressione,
escluse le reti di distribuzione, nel territorio di uno Stato membro, e che
partecipano al buon funzionamento delle interconnessioni europee ad alta
pressione;
b)
che la rete di origine o di destinazione finale sia situata nel territorio
della Comunità;
c)
che il trasporto implichi il superamento di almeno una frontiera
intracomunitaria.
La
direttiva attribuisce agli Stati membri il compito di adottare tutte le
disposizioni necessarie affinché, senza indugio, gli enti dipendenti dalla loro
competenza territoriale, comunichino alla Commissione ed alle autorità
nazionali interessate ogni domanda di transito, avviino negoziati sulle
condizioni del transito del gas naturale richiesto, informino la Commissione e
le autorità nazionali interessate in merito alla conclusione di un contratto di
transito, informino la Commissione e le autorità nazionali competenti dei
motivi per cui le trattative non si siano, eventualmente, concluse con un
contratto.
Anche
la Decisione n. 1254/96/CE[53],
del Parlamento Europeo e del Consiglio, adottata in data 5 giugno 1996, di cui
si è parimenti detto nel paragrafo precedente, stabilisce un insieme di
orientamenti relativi alle reti transeuropee nel settore dell'energia e tra i
propri obiettivi menziona le reti di gas naturale facendo riferimento, ai
gasdotti ad alta pressione, esclusi quelli delle reti di distribuzione, che
consentono l'approvvigionamento delle regioni della Comunità a partire da fonti
interne o esterne. Tra le priorità segnalate dal Consiglio per quanto riguarda
l'azione comunitaria in materia di reti transeuropee di gas naturale, infatti,
si fa riferimento anche all'introduzione del gas naturale in nuove regioni, al
collegamento delle reti di trasporto del gas naturale isolate alle reti interconnesse
europee, compresi a tal fine i necessari rafforzamenti delle reti esistenti
nonché al collegamento delle reti di gas naturale separate in vista
dell'aumento delle capacità di trasporto (gasdotti di afflusso), di arrivo
(GNL) e di deposito, necessari per soddisfare la domanda.
Ma
il passo decisivo verso la liberalizzazione del mercato energetico nel settore
del gas naturale si è avuto con la Direttiva 98/30/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 22 giugno 1998[54]
relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale. L'approvazione
di tale direttiva, infatti, apre un nuovo capitolo per l'industria del gas.
Anche per il gas, in quanto fonte primaria di energia che, come l'energia
elettrica, si presta ad essere distribuita capillarmente attraverso sistemi a
rete, si ha la possibilità che i produttori possano servirsi della stessa rete
per distribuire il loro prodotto agli utenti finali oppure a soggetti
distributori che a loro volta riforniranno gli utenti finali. L'unica
differenza in questo settore è che non esiste un unico ente titolare di tutte
le attività, né mancano diritti speciali ed esclusivi per quanto riguarda il
trasporto o vettoriamento del gas. Ma anche per il settore del gas, come si è
detto, si avvia una fase di significativi cambiamenti secondo un progressivo
allontanamento dal modello di monopolio pubblico e l'apertura del mercato per
effetto della regolazione comunitaria. Del resto, l’innovazione tecnologica ha
determinato grandi progressi nello sviluppo e nel controllo delle reti
elettriche e del gas, consentendo l'accesso di più operatori alla medesima
rete, e modificando quindi radicalmente quello che è stato finora considerato
un monopolio naturale; inoltre, il progresso tecnologico ha ridotto la
dimensione economicamente ottimale degli impianti di generazione elettrica,
consentendo l’affiancarsi di produttori in concorrenza.
Il
volto dei due settori nell’Europa che si va unificando sarà quindi assai
diverso da quello del passato. Sistemi di reti integrate saranno resi accessibili
in modo da consentire una serrata competizione nell’offerta e un’ampia libertà
di scelta dal lato della domanda. L’identificazione territoriale e nazionale
degli esercenti è destinata ad attenuarsi. Cresce il numero dei soggetti
esercenti il servizio e si accentua il loro carattere imprenditoriale. I
mercati si integrano facendo crescere il volume degli scambi, fino alla
creazione di vere e proprie “borse” dell’energia. Si aprono spazi maggiori
all’iniziativa e all’innovazione, con incremento dell'efficienza[55].
A
ciò va aggiunto che il gas naturale rappresenta una fonte energetica il cui
impiego ha conosciuto un forte sviluppo negli ultimi anni, non solo per il suo
minor impatto ambientale, ma per la sua maggiore efficienza in taluni impieghi
e per l'ampliamento dei paesi estrattori. Quest'ultima caratteristica,
tuttavia, costituisce anche il motivo per cui è sorta l'esigenza di armonizzare
le disposizioni delle varie discipline nazionali giacchè, data la pubblica
utilità associata comunemente alla erogazione del gas naturale, che ha
caratterizzato la storia dell'industria del gas naturale in Europa, il settore
è stato, nei vari Stati, variamente costruito come proprietà pubblica di natura
monopolistica.
Ma
il trasporto a lunga distanza, che necessita di attivare importazioni da nuove
aree di produzione sempre più lontane, e le strategie di diversificazione delle
fonti, hanno spinto aziende del settore operanti a livello internazionale a
sviluppare tecnologie in grado di ridurre il costo della catena e del trasporto
con metanodotti. Ciò ha favorito il lento allontanamento dal regime di
monopolio pubblico, l'apertura al mercato e nuove forme di regolamentazione di
derivazione comunitaria.
La
direttiva UE 98/30/CE, dedica particolare attenzione alla fase di trasmissione
del gas ed all'avvio di processi competitivi che, grazie all'apertura delle
reti, possano consentire ai maggiori utenti industriali ed ai produttori di
energia elettrica di scegliere liberamente il proprio fornitore di gas
naturale. Dal punto di vista diritto amministrativo, non altrettanta attenzione
è stata dedicata alla fase della distribuzione finale caratterizzata dalla
fornitura tramite reti locali a bassa pressione, dirette ai piccoli utenti
industriali e commerciali ed alle famiglie[56].
Si tratta della fase nella quale, dal punto di vista amministrativo, si tratta
di assicurare la tutela del consumatore quando, in assenza di pressione
concorrenziale, i prezzi e i margini di profitto sono destinati a rimanere
incompatibili con condizioni di efficienza allocativa. Infatti, l'esame dei
prezzi finali del gas naturale nei maggiori paesi comunitari, evidenzia livelli
molto differenti e ciò non collima con l'integrazione dei mercati[57].
Come si è detto, i principi
introdotti dalla normativa comunitaria vanno nella direzione di un'apertura
delle reti di trasmissione e dell'avvio di processi concorrenziali tali da
consentire una libera scelta del fornitore. L'applicazione della direttiva
obbliga gli Stati membri a permettere ai clienti produttori di energia, grandi
consumatori, l'accesso alle reti di trasmissione per il trasporto del gas
liberamente acquistato e alle compagnie di distribuzione locale l'accesso alle
reti per i volumi consumati nelle rispettive aree dei consumatori finali.
La dimensione del mercato
libero ovvero l'individuazione delle soglie minime per i clienti, rappresenta
uno dei nodi critici per la completa realizzazione della disciplina
comunitaria, il mercato interno del gas naturale deve essere instaurato
gradualmente, allo scopo di permettere all'industria di adeguarsi in modo
flessibile e ordinato al suo nuovo ambiente e per tener conto delle differenti
strutture di mercato degli Stati membri. Tuttavia nei consideranda della direttiva in esame il Consiglio
ribadisce che per l'organizzazione e il funzionamento del settore del gas
naturale dovrebbe essere previsto un certo numero di norme comuni, anche se,
secondo il principio di sussidiarietà, tali norme costituiscono soltanto un
quadro di principi generali le cui modalità di applicazione dovrebbero essere
lasciate agli Stati membri, consentendo così a ciascuno Stato membro di
mantenere o scegliere il regime più rispondente ad una particolare situazione,
in particolare per quanto riguarda le autorizzazioni e il controllo dei contratti
di fornitura. A tal fine si rammenta che l'articolo 90, paragrafo 2, del
Trattato CE assoggetta le imprese incaricate della gestione di servizi
d'interesse economico generale a specifiche condizioni, cosicchè l'attuazione
della direttiva eserciterà un impatto sulle attività di tali imprese. A norma
dell'art.3, infatti, gli Stati membri, che in base alla loro organizzazione del
settore e nel rispetto del principio di sussidiarietà assicurano che le imprese
di gas naturale siano gestite secondo i principi della normativa comunitaria e
nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni del trattato, nell'interesse
economico generale, possono imporre alle imprese di gas naturale obblighi di
servizio pubblico per quanto riguarda la sicurezza, compresa la sicurezza di
approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture
nonché la protezione dell'ambiente. Tali obblighi devono essere chiaramente
definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili; essi, e qualsiasi
loro eventuale revisione, sono pubblicati e comunicati senza indugio alla
Commissione dagli Stati membri.
La direttiva, comunque, fa
salvo il potere degli Stati di non
applicare l'articolo 4 (che prevede autorizzazioni per la costruzione e/o la
gestione di impianti, gasdotti e apparecchiature connesse nel loro territorio)
alla loro infrastruttura di distribuzione per non ostare all'adempimento, in
via di fatto o di diritto, degli obblighi che incombono alle imprese di gas
naturale nell'interesse economico generale. In ogni caso, è prevista la
fissazione di criteri e procedure di base per quanto riguarda le autorizzazioni
che gli Stati membri possono accordare per la costruzione o la gestione degli
impianti in questione secondo il rispettivo sistema nazionale. Dette disposizioni
non dovrebbero incidere sulle pertinenti norme nazionali che subordinano la
costruzione o la gestione degli impianti in questione al rilascio di
un'autorizzazione.
L'art.2 specifica che
«impresa di gas naturale» deve intendersi "ogni persona fisica o giuridica,
ad esclusione dei clienti finali, che effettua almeno una delle funzioni
seguenti: produzione, trasporto, distribuzione, fornitura, acquisto o
stoccaggio di gas naturale, compreso l'LNG, e che è responsabile per i compiti
commerciali, tecnici e/o di manutenzione legati a queste funzioni". Per le
imprese di trasporto, stoccaggio e distribuzione, l'art.6 prevede che ogni
impresa fornisca a qualsiasi altra impresa di trasporto, a qualsiasi altra
impresa di stoccaggio e/o a qualsiasi impresa di distribuzione, informazioni
sufficienti per garantire che il trasporto e lo stoccaggio di gas naturale
possano avvenire in maniera compatibile con il funzionamento sicuro ed
efficiente del sistema interconnesso. Le imprese di trasporto, tuttavia,
nell'ambito della vendita o dell'acquisto di gas naturale da parte loro o di
imprese collegate, non possono abusare delle informazioni commercialmente
sensibili ottenute da terzi nel fornire o nel negoziare l'accesso al sistema.
Uno dei principi più
importanti riguarda la separazione e la trasparenza della contabilità giacchè
ai sensi degli artt.12 e seguenti, le imprese di gas naturale integrate
tengono, nella loro contabilità interna, conti separati per le loro attività di
trasporto, distribuzione e stoccaggio di gas naturale e, se del caso, conti
consolidati per le attività che non rientrano nel settore del gas, come
sarebbero tenute a fare se tali attività fossero svolte da imprese separate, al
fine di evitare discriminazioni, sovvenzioni incrociate e distorsioni della
concorrenza. Inoltre, la contabilità di tutte le imprese di gas naturale
integrate dovrebbe fornire un elevato livello di trasparenza.
Per l'organizzazione
dell'accesso al sistema, gli Stati membri possono scegliere di applicare una od
entrambe le procedure di cui all'articolo 15 e all'articolo 16. Tali procedure
sono applicate secondo criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori.
All'articolo 15 si prevede
l'accesso negoziato nel qual caso gli Stati membri adottano le misure
necessarie affinché le imprese di gas naturale, e i clienti idonei, sia
all'interno che all'esterno del territorio coperto dal sistema interconnesso
possano negoziare l'accesso al sistema al fine di concludere tra loro contratti
di fornitura sulla base di accordi commerciali volontari. Le parti hanno
l'obbligo di negoziare in buona fede l'accesso al sistema. La procedura
prevista al successivo articolo 16, viceversa, si basa sull'accesso
regolamentato nel qual caso gli Stati membri adottano le misure necessarie per
conferire alle imprese di gas naturale, nonché ai clienti idonei, sia
all'interno che all'esterno del territorio coperto dal sistema interconnesso,
un diritto di accesso al sistema, sulla base di tariffe pubblicate e/o altri
termini e obblighi per l'utilizzo dello stesso. Tale diritto di accesso per i
clienti idonei può essere conferito consentendo loro di stipulare contratti di
fornitura con imprese di gas naturali concorrenti diverse dal proprietario e/o
gestore del sistema o dall'impresa collegata.
Infine, occorre accennare
alle disposizioni contenute nell'art.21 a norma del quale gli Stati membri
assicurano che le parti negozino in buona fede l'accesso al sistema e nessuna
di esse abusi della sua posizione negoziale per ostacolare il buon esito delle
trattative. A garanzia dell'applicabilità delle suddette regole, al comma 2,
dello stesso articolo, si prevede che gli Stati membri designino un'autorità
competente, indipendente dalle parti, per risolvere sollecitamente le
controversie relative alle trattative in questione. In particolare tale
autorità deve risolvere le controversie relative alle trattative ed al rifiuto
di accesso nell'ambito della suddetta direttiva.
Roma, 1999.
NOTE
[1] Cfr. A. PERA (1998), Concorrenza ed antitrust, 115-116.
[2] Ibidem, 117.
[3] Cfr. S. CASSESE (1995), La nuova costituzione economica, 94.
[4] Cfr. M.MESSORI-P.PADOAN-N.ROSSI (1997), Proposte per l'economia italiana, 101.
[5] Cfr. G. RASI (1997), Servizio pubblico e mercato, 9.
[6] Cfr. G. ALPA (1995), L'autorità per i servizi pubblici e i consumatori, 305-312.
[7] Cfr. M. GRILLO (1998), La concorrenza nei servizi di rete, 3.
[8] Cfr. P. RANCI, (1998), Presentazione alla relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 3.
[9] Cfr. L. RAZZITI (1996), Principi ed evoluzione della normativa e della politica comunitaria in tema di energia elettrica, 598.
[10] Ibidem.
[11] Cfr. G. GENTILE (1991), La strada italiana al mercato europeo dell'energia elettrica, 303.
[12] Cfr. G. TESAURO (1998), Concorrenza, regolamentazione ed efficienza nella produzione di energia, 2.
[13] Ibidem.
[14] Cfr. M. GRILLO (1998), La concorrenza nei servizi di rete, 2.
[15] Autorità amministrativa indipendente istituita con la legge 14 novembre 1995, n. 481 con funzioni di regolazione e di controllo dei servizi pubblici nei settori dell'energia elettrica e del gas. Ada essa sarà dedicato il capitolo seguente. Il riferimento è alla Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 43.
[16] Cfr. L. NANNI (1995), Le direttive UE in tema di transito di energia elettrica e di gas naturale nelle grandi reti di trasporto, 687-697.
[17] Cfr. M. POLITI (1991), Energia nel diritto comunitario, 2.
[18] Cfr. G. GENTILE (1991), La strada italiana al mercato europeo dell'energia elettrica, 303.
[19] Si tratta dei cc.dd. "poteri impliciti" su cui cfr. A. GUARINO (1990), Mercato europeo dell'energia e <<common carrier>>, 337-338.
[20] Cfr. M. POLITI (1991), Energia nel diritto comunitario, 2.
[21] Ibidem.
[22] Ibidem.
[23] Pubblicata sulla GUCE n.241 del 25 settembre 1986.
[24] Sentenza 27 aprile 1994 (caso n.393/92, Comune di Almelo).
[25] Cfr. F. BENVENUTI (1995), Evoluzione giuridica del settore elettrico, 294.
[26] Ibidem.
[27] Cfr. S. CASSESE (1995), La nuova costituzione economica, 54-56.
[28] Cfr. G. TESAURO (1998), Concorrenza, regolamentazione ed efficienza nella produzione di energia, 2.
[29] Cfr. D. CORAPI (1995), Liberalizzazione e privatizzazione del settore elettrico, 293-301.
[30] Cfr. L. RAZZITI (1996), Principi ed evoluzione della normativa e della politica comunitaria in tema di energia elettrica, 610
[31] Ibidem.
[32] Ibidem.
[33] Prima del Trattato di Maastricht il potere di emanare direttive spettava soltanto al consiglio e solo in pochi casi alla Commissione.
[34] Pubblicata sulla GUCE n.L185 del 17 luglio 1990.
[35] Cfr. G. GENTILE (1991), La strada italiana al mercato europeo dell'energia elettrica, 306.
[36] Pubblicata sulla GUCE n.L313 del 13 novembre 1990.
[37] Pubblicata sulla GUCE n.L147 del 12 giugno 1991 e successivamente modificata da ultimo dalla direttiva 95/49/CE pubblicata sulla GUCE n.L233 del 30 settembre 1995.
[38] Cfr. A. FIQUET (1995), La proposta di direttive UE in tema di mercato interno dell'energia, 699.
[39] Cfr. L. NANNI (1995), Le direttive UE in tema di transito di energia elettrica e di gas naturale nelle grandi reti di trasporto, 691.
[40] Ibidem.
[41] Ibidem.
[42] Ibidem.
[43] Le direttive 90/547/CEE e 90/377/CEE sono state infatti recepite nell'ordinamento italiano con decreto del ministro dell'industria del 26 giugno 1992, pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 159 dell'8 luglio 1992.
[44] Pubblicata sulla GUCE n. L 161 del 29 giugno 1996.
[45] Pubblicata sulla GUCE n. L 161 del 29 giugno 1996.
[46] Cfr. A. FIQUET (1995), La proposta di direttiva UE in tema di mercato interno dell'energia, 698-710.
[47] Pubblicato sulla GUCE n. L 252, del 12 settembre 1998.
[48] Cfr.
Autorità per l'energia elettrica e il gas (1998), Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta,
43.
[49] Cfr. S. CASSESE (1995), La nuova costituzione economica, 94.
[50] Cfr. P. RANCI, (1998), Presentazione alla relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 3-6.
[51] Ibidem.
[52] Pubblicata sulla GUCE n. L 147 del 12 giugno 1991.
[53] Pubblicata sulla GUCE n. L 161 del 29 giugno 1996.
[54] Pubblicata sulla GUCE n. L 204 del 21 luglio 1998.
[55] Cfr. P. RANCI, (1998), Presentazione alla relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, 3-6.
[56] Cfr. R. FAZIOLI (1998), Le fonti fossili primarie: il gas naturale, 99-117.